Corte di Giustizia 22 XI 2001

(Il consumatore è da ritenersi unicamente una persona fisica, mentre la nozione di “professionista” si riferisce alle persone fisiche e giuridiche)

Corte di Giustizia – Terza Sezione

Sentenza 22 novembre 2001

nei procedimenti riuniti C-541/99 e C-542/99, aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, a norma dell’art. 234 CE, dal Giudice di pace di Viadana nelle cause dinanzi ad esso pendenti tra Cape Snc e Idealservice Srl (C-541/99), e tra Idealservice MN RE Sas e OMAI Srl (C-542/99), domande vertenti sull’interpretazione dell’art. 2, lett. b), della direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95, pag. 29),

[…]

1. Con due ordinanze del 12 novembre 1999, pervenute in cancelleria il 31 dicembre successivo, il Giudice di pace di Viadana ha sottoposto a questa Corte, a norma dell’art. 234 CE, tre questioni pregiudiziali relative all’interpretazione dell’art. 2, lett. b), della direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95, pag. 29; in prosieguo: la «direttiva»).

2. Tali questioni sono state sollevate nell’ambito di due controversie tra rispettivamente la Cape Snc (in prosieguo: la «Cape») e l’Idealservice Srl e l’Idealservice MN RE Sas e l’OMAI Srl (in prosieguo: l’«OMAI») circa l’esecuzione di contratti tipo contenenti una clausola attributiva di competenza al Giudice di pace di Viadana, la quale è contestata dalla Cape e dall’OMAI sulla base della direttiva.

Contesto normativo

3. La direttiva, secondo il suo art. 1, n. 1, è volta a ravvicinare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti le clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e un consumatore.

4. Ai sensi dell’art. 2, lett. b), della direttiva:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(…)

b) consumatore: qualsiasi persona fisica che, nei contratti oggetto della presente direttiva, agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale».

5. L’art. 2, lett. c), della direttiva definisce il termine «professionista» come riguardante «qualsiasi persona fisica o giuridica che, nei contratti oggetto della presente direttiva, agisce nel quadro della sua attività professionale, sia essa pubblica o privata».

Causa principale e questioni pregiudiziali

6. L’Idealservice MN RE Sas e l’Idealservice Srl (in prosieguo: l’«Idealservice») stipulavano con l’OMAI e la Cape, rispettivamente il 14 settembre 1990 e il 26 gennaio 1996, due contratti relativi alla fornitura a queste ultime di macchine per ladistribuzione automatica di bevande, le quali erano state installate nei locali di queste due società ed erano destinate all’uso esclusivo dei loro dipendenti.

7. Nell’ambito dell’esecuzione di detti contratti la Cape e l’OMAI proponevano opposizione a un decreto ingiuntivo, sostenendo che la clausola attributiva di competenza che essi contenevano era una clausola vessatoria ai sensi dell’art. 1469 bis, n. 19, del codice civile italiano e quindi non opponibile ai contraenti in forza dell’art. 1469 quinquies dello stesso codice.

8. Il giudice a quo rileva che la sua competenza a conoscere delle due controversie che gli sono sottoposte dipende dall’interpretazione delle suddette disposizioni del codice civile, le quali costituiscono una «pedissequa trasposizione» della direttiva. In particolare, le nozioni di «professionista» e di «consumatore» di cui all’art. 1469 bis del codice civile sarebbero una trascrizione letterale delle definizioni figuranti all’art. 2 di detta direttiva.

9. In entrambe le cause l’Idealservice sostiene che la Cape e l’OMAI non possono essere considerate consumatori ai fini dell’applicazione della direttiva. Infatti, non solo si tratta di società e non di persone fisiche, ma la Cape e l’OMAI avrebbero stipulato i contratti in questione dinanzi al giudice nazionale nell’esercizio della loro attività imprenditoriale.

10. Ritenendo che la soluzione delle due controversie dinanzi ad esso pendenti dipenda dall’interpretazione della direttiva, il Giudice di pace di Viadana ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, le quali sono redatte in termini identici in entrambe le cause:

«1) Se possa considerarsi consumatore un imprenditore che, stipulando un contratto con altro imprenditore su modello predisposto da quest’ultimo in quanto rientrante nella propria attività professionale tipica, acquisti un servizio, o un bene, a beneficio esclusivo dei propri dipendenti, del tutto svincolato ed avulso dalla propria attività professionale ed imprenditoriale tipica; se possa dirsi, in tal caso, che tale soggetto ha agito per scopi non attinenti l’impresa.

2) Se, in caso di risposta affermativa al quesito precedente, possa considerarsi consumatore qualsiasi soggetto od ente quando opera per scopi estranei, o non funzionali, all’attività imprenditoriale o professionale tipica esercitata, o se il concetto di consumatore sia esclusivamente riferito alla persona fisica, con esclusione di qualsiasi altro soggetto.

3) Se possa considerarsi consumatore una società».

11. Con ordinanza del presidente della Corte 17 gennaio 2000, le cause C-541/99 e C-542/99 sono state riunite ai fini della fase scritta e orale del procedimento e della sentenza.

Sulla seconda e sulla terza questione

12. Con la seconda e la terza questione, che occorre esaminare in primo luogo, il giudice a quo chiede, in sostanza, se la nozione di «consumatore», come definita dall’art. 2, lett. b), della direttiva, debba essere interpretata nel senso che si riferisce esclusivamente alle persone fisiche.

13. L’Idealservice, i governi italiano e francese, nonché la Commissione, sostengono che la nozione di «consumatore» si riferisce unicamente alle persone fisiche.

14. Per contro, il governo spagnolo afferma che, pur se il diritto comunitario considera che, in via di principio, le persone giuridiche non sono consumatori ai sensi della direttiva, esso non esclude un’interpretazione che conferisca tale qualità a queste ultime. Concordemente con il governo francese, esso osserva che la definizione di consumatore data dalla direttiva non esclude la possibilità che il diritto nazionale dei vari Stati membri, all’atto della trasposizione della direttiva medesima, consideri consumatore una società.

15. A tale riguardo occorre rilevare che l’art. 2, lett. b), della direttiva definisce il consumatore come «qualsiasi persona fisica» che soddisfa le condizioni enunciate da tale disposizione, mentre l’art. 2, lett. c), della direttiva definisce la nozione di «professionista» facendo riferimento tanto alle persone fisiche quanto alle persone giuridiche.

16. Risulta quindi in modo chiaro dal testo dell’art. 2 della direttiva che una persona diversa da una persona fisica, che stipula un contratto con un professionista, non può essere considerata consumatore ai sensi di detta disposizione.

17. Di conseguenza, occorre risolvere la seconda e la terza questione dichiarando che la nozione di «consumatore», come definita dall’art. 2, lett. b), della direttiva, dev’essere interpretata nel senso che si riferisce esclusivamente alle persone fisiche.

Sulla prima questione

18. Tenuto conto della soluzione fornita alla seconda e alla terza questione, non occorre risolvere la prima questione.

[…]

P.Q.M.

La Corte (Terza Sezione),

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Giudice di pace di Viadana con ordinanze 12 novembre 1999, dichiara:

La nozione di «consumatore», come definita dall’art. 2, lett. b), della direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, dev’essere interpretata nel senso che si riferisce esclusivamente alle persone fisiche.

(F. Macken, presidente relatore)

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Redazione

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