I messeggi pubblicitari potranno essere diffusi solo dopo aver ottenuto il consenso del destinatario: è questo il sistema detto “opt-in”.
L’unica eccezione è costituita dal caso in cui il destinatario del messaggio abbia già instaurato un rapporto di natura commerciale – abbia, ad esempio già effettuato transazioni online – con l’azienda che intende inviare tale pubblicità.
E’ questo il contenuto di una decisione di dicembre 2001 del Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea che, se da un lato soddisfa le associazioni dei consumatori che da sempre chiedono dure prese di posizione nei confronti del cd. “spamming”, dall’altro non può non destare qualche perplessità se si considera che è di senso diametralmente opposto alle conclusioni a cui è giunto l’Europarlamento poco meno di un mese prima.
Il Parlamento Europeo si è infatti espresso a favore del cd. “opt-out”, sistema in base al quale il messaggio pubblicitario può essere inviato senza alcun consenso preventivo; sarà poi eventualmente il destinatario a dichiarare di non volerne ricevere più.
Bisogna tralaltro ricordare che è proprio in sede di normativa comunitaria che sono nati forti contrasti di opinione in materia, a seguito dell’adozione del sistema dell’opt-out con la direttiva 31/2000 sul commercio elettronico (art. 7), in palese contrasto con l’art. 12 della Direttiva 66/97 sulla protezione dei dati personali che, al contrario, prevede l’applicazione dell’opt-in.
Adesso la parola spetterà nuovamente al Parlamento Europeo, che deciderà presumibilmente nei primi mesi dell’anno nuovo.