Antitrust e termini per il procedimento di accertamento di una posizione dominante
(Posizione dominante e termine perentorio di 45 giorni previsto dall’art.16 c. 8 della legge n. 287/1990, per l’adozione del provvedimento finale dell’istruttoria da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato).
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Consiglio di Stato, VI Sezione
Sentenza 20 febbraio 2002 n. 1038
sul ricorso in appello proposto dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è per legge domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n.12,
CONTRO
la s.r.l. S.I.O., rappresentata e difesa dagli Avv.ti prof. Paolo Tesauro, Aurelio Pappalardo e Claudio Tesauro, ed elettivamente domiciliata presso il primo in Roma, Largo Messico n.7,
PER L’ANNULLAMENTO
della sentenza n.1598 del 24.10.1994 del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sez.I, resa inter partes.
Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio, con atto di appello incidentale subordinato, della S.I.O. s.r.l.; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Alla pubblica udienza del 4 dicembre 2001, relatore il Consigliere Giuseppe Romeo. Uditi, l’avvocato dello Stato Tortora e l’avv. Paolo Tesauro.
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
La ricorrente – appellata ha proposto innanzi al TAR Lazio due ricorsi avverso il provvedimento dell’Autorità del 4.10.1993 (ricevuto in data 18.10.1993) di avvio dell’istruttoria ai sensi dell’art.16, comma 4, della legge n.287/1990 (ric. n.18270/1993) e il successivo provvedimento della medesima Autorità dell’1.12.1993 (comunicato con nota del 2.12.1993), con il quale, accertata "la costituzione di una posizione dominante della S.I.O. S.r.l. sul mercato dell’anidride carbonica commercializzata …", ha ordinato a quest’ultima, ai sensi dell’art.18, comma 3, della legge n.287/1990 "di dismettere, entro 240 giorni dalla notifica del presente provvedimento, una quota della propria capacità produttiva di fonte geotermica e/o naturale, in misura non inferiore a 35.000 tonnellate …" (ric. n.2575/1994).
Il TAR, previa riunione dei due ricorsi, ha accolto il secondo ricorso, disponendo l’annullamento degli atti con esso impugnati, e ha dichiarato improcedibile il primo ricorso per sopravvenuto difetto di interesse.
L’Avvocatura generale dello Stato contesta queste conclusioni e chiede la riforma della sentenza impugnata. Replica l’appellata, sostenendo l’infondatezza del ricorso, e proponendo, in via subordinata, appello incidentale nei confronti della sentenza impugnata, limitatamente alla parte in cui è stato dichiarato improcedibile il ricorso n.18270/1993. Il ricorso è stato chiamato all’udienza del 4 dicembre 2001, e trattenuto in decisione.
DIRITTO
1.- Prima di esaminare il merito del ricorso, è opportuno riportare le varie fasi dell’intero procedimento a carico della S.I.O. s.r.l., conclusosi con il provvedimento, assunto dalla Autorità nell’Adunanza del 1° dicembre 1993, il cui annullamento è stato disposto dal TAR con la sentenza impugnata.
La S.I.O. s.r.l. ha informato l’Autorità, con nota del 9 settembre 1993, di alcune operazioni di concentrazione realizzatesi nel corso del 1991 (acquisizione del controllo della Pergine s.p.a.; acquisizione del controllo della Candia S.r.l. da parte della Pergine e successiva fusione per incorporazione della prima nella seconda).
Con provvedimento del 4 ottobre 1993 (ricevuto dalle parti in data 18.12.1993), l’Autorità ha disposto l’avvio dell’istruttoria ai sensi dell’art.16, comma 4, della legge n.287/1990, ritenendo che "le operazioni in esame sono suscettibili di determinare, ai sensi dell’art.6, comma 1, della legge n.287/1990, la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sui mercati interessati …". Nel corso del procedimento istruttorio, è stata disposta un’ispezione a carico della S.I.O. s.r.l. e della Pergine in data 20 ottobre 1993, e sono stati sentiti i rappresentanti di diverse imprese operanti nel mercato di riferimento, nonché i legali rappresentanti delle società S.I.O. e Pergine.
In data 18 novembre 1993, l’Autorità ha comunicato alle parti i risultati "preliminari dell’istruttoria" e, ai sensi dell’art.14, comma 1, della legge n.287/1990 e degli artt.5 e 7, comma 3, del d.P.R. n.461/1991, il termine infraprocedimentale di chiusura della fase di acquisizione degli elementi probatori (28 novembre 1993), entro il quale le parti stesse possono esercitare il diritto di essere sentiti e di presentare deduzioni e pareri.
Con il provvedimento del 1° dicembre 1993 è stata chiusa l’istruttoria (la cui conclusione è stata comunicata alle parti in data 2 dicembre 1993), la quale ha accertato che le operazioni realizzatesi nel corso del 1991 avevano determinato la costituzione di una posizione dominante della SIO nel mercato dell’anidride carbonica commercializzata, tale da ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza ai sensi dell’art.6 della legge n.287/1990. Per questo è stato ordinato (con il medesimo provvedimento) di dismettere, entro 240 giorni dalla notifica del provvedimento, una quota della propria capacità produttiva di fonte geotermica, in misura non inferiore a 35.000 tonnellate.
2.- La S.I.O. ha proposto due ricorsi: il primo, avverso il provvedimento di apertura dell’istruttoria del 4 ottobre 1993 e avverso la nota di comunicazione dell’esito di quest’ultima, come definito nella adunanza del 1° dicembre 1993; il secondo, avverso la delibera dell’Autorità del mercato del 1° dicembre 1993.
Il TAR, previa riunione dei due ricorsi, ha respinto la censura con la quale era stato dedotta l’inosservanza del termine di cui all’art.16, comma 4, della legge n.287/1990, di trenta giorni dal ricevimento della notifica o comunicazione della operazione di concentrazione per l’avvio dell’istruttoria, e ha accolto la censura di tardività con cui il provvedimento finale dell’istruttoria del 1° dicembre 1993 è stato adottato (e comunicato in data 15 dicembre 1993), rispetto al termine di 45 giorni ai sensi dell’art.16, comma 8, della legge n.287/1990, qualificato espressamente come perentorio. In conseguenza, è stato annullato il provvedimento conclusivo dell’istruttoria, impugnato con il secondo ricorso, ed è stata dichiarata l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del primo ricorso, avente ad oggetto il provvedimento di avvio dell’istruttoria.
3.- L’Avvocatura generale dello Stato non condivide l’interpretazione che il primo giudice ha dato degli artt.16, comma 8, e 19, comma 2, della legge n.287/1990. Si sostiene che, in contrasto con "la lettera e lo spirito della legge", sarebbe stata data una lettura di quest’ultima che sortisce l’effetto di penalizzare l’Autorità, con la comminatoria di un termine perentorio discendente da una propria opzione discrezionale, e di premiare, la S.I.O., cha ha apertamente violato la legge, contravvenendo all’obbligo di preventiva comunicazione delle operazioni avvenute nel corso del 1991.
La tesi viene sviluppata con una serie di considerazioni con cui si contesta "la ricostruzione del T.A.R." anche sotto il profilo del vizio di extrapetizione.
Il T.A.R. non ha, infatti, accolto la tesi della ricorrente che lamentava, anche nel caso di specie (tardiva comunicazione di una concentrazione), la violazione dei termini perentori previsti dall’art.16, commi 4 e 8, assumendo che "l’intero procedimento deve concludersi entro il termine perentorio di 75 giorni dalla comunicazione dell’operazione da parte delle imprese" (il provvedimento di avvio è stato comunicato il 18 dicembre 1993, ben oltre il termine di trenta giorni dal 6 settembre 1993, data di ricevimento della comunicazione). E neppure ha condiviso l’ulteriore deduzione secondo cui, ai sensi dell’art.16, comma 8, della legge n.287/1990, "la comunicazione del provvedimento che definisce l’istruttoria deve avvenire entro quarantacinque giorni dalla notifica del provvedimento di chiusura della prima fase e di avvio della seconda" (tra il primo termine della comunicazione dell’apertura dell’istruttoria in data 18 dicembre 1993 ed il secondo termine di comunicazione del provvedimento finale in data 15 dicembre 1993, vi sarebbe un lasso di tempo superiore ai 45 giorni di cui all’art.16, comma 8).
Il TAR ha, invece, rilevato la tardività del provvedimento finale, sull’assunto che – ove l’impresa (come avvenuto) non ottemperi all’obbligo di comunicazione preventiva di cui al comma 1 dell’art.16 – il termine per l’inizio della istruttoria, diversamente da quanto previsto dall’art.16, comma 4, decorre, ai sensi dell’art.19, comma 2, "dalla data di notifica della sanzione di cui al presente comma". Questa è l’unica differenza che la legge introduce rispetto al procedimento ordinario delineato dal predetto art.16, per cui, anche nell’ipotesi di mancata comunicazione preventiva dell’operazione di concentrazione, l’istruttoria deve concludersi nel termine perentorio di 45 giorni dal suo inizio, previsto dal comma 8 dell’art.16.
L’appello è infondato.
Appare, anzitutto, formalistica la considerazione della difesa erariale in ordine al denunciato vizio di extrapetizione, in quanto il primo giudice ha seguito un percorso argomentativo che seppure non compiutamente (o diversamente) esplicitato dalla ricorrente, è valso ad avvalorare la censura di tardività che quest’ultima ha dedotto in modo incontrovertibile.
La tesi della difesa erariale, argomentata con ricchezza di considerazioni, è sostanzialmente questa: una volta che la sanzione (di cui al comma 2 dell’art.19 della legge n.287/1990) è stata effettivamente irrogata in data 10 gennaio 1994, il termine unico per la chiusura dell’istruttoria è quello indicato dall’art.19, comma 2, e la circostanza che l’Autorità abbia, in via di autodeterminazione e di piena trasparenza della propria azione, comunicato all’impresa (che non ha dato notizia della operazione di concentrazione) l’avvio della procedura di accertamento dell’effetto anticoncorrenziale in una con la contestazione dell’infrazione, non altera il paradigma legale del procedimento. Gli artt.16 e 19 della legge n.287/1990 disciplinano, infatti, due procedimenti del tutto diversi.
La tesi non è condivisibile, dal momento che la mera lettura dell’art.19, comma 2, della legge n.287/1990 non consente di individuare, in esso, la disciplina compiuta di un procedimento "del tutto diverso" da quello delineato dal precedente art.16. Il comma 2 dell’art.19 si limita – come esattamente rilevato dal primo giudice – a prevedere un differente momento di inizio dell’istruttoria prevista dal presente capo III, che viene indicato nella data di notifica della sanzione di cui al presente comma. Nessuna modifica, quindi, della previsione di cui al comma 8 dell’art.16, che stabilisce che l’istruttoria deve essere conclusa nel termine perentorio di 45 giorni dal suo inizio. Su questo, in verità, sembra concordare anche la difesa erariale. La divergenza è, infatti, limitata al fatto che quest’ultima – qualora le imprese abbiano omesso di comunicare preventivamente l’operazione di concentrazione – considera, in termini assoluti, il riferimento alla "data di notifica della sanzione" di cui al comma 2 dell’art.19, vale a dire che se – come nel caso in esame – l’Autorità si autodetermina all’avvio della istruttoria, prima della "data di notifica della sanzione per l’omessa comunicazione preventiva", il termine di quarantacinque giorni per la chiusura della istruttoria decorre comunque dalla data di notifica della sanzione, avvenuta nella specie in data 3 febbraio 1994.
L’assunto della Avvocatura dello Stato (che peraltro sembra fuorviata da una lettura in chiave sanzionatoria dell’art.19 anche per quanto riguarda il diverso termine di inizio dell’istruttoria) non sembra ragionevole, perché quello che il legislatore ha voluto garantire (in ogni caso) è che l’istruttoria debba concludersi nel termine perentorio di quarantacinque giorni dal suo inizio, per cui, se l’Autorità, anticipando i tempi rispetto alla notifica della sanzione per l’omessa comunicazione preventiva, ha avviato l’istruttoria in un momento anteriore, è a questo preciso momento che deve farsi riferimento per la decorrenza del predetto termine perentorio di quarantacinque giorni.
L’appello va, pertanto, respinto, e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata.
Le spese e gli onorari di giudizio possono essere compensati.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l’appello in epigrafe. Compensa le spese.
(…)
(Chiarenza Millemaggi Cogliani, Presidente f.f.; Giuseppe Romeo, Estensore)