Il Consiglio di Stato, con pronuncia di rimessione alla Corte Costituzionale,
sospetta di incostituzionalità la normativa della Regione Lazio sullo spoil
system, laddove è prevista la generalizzata decadenza
dalla carica dei componenti di organi istituzionali di tutti
gli Enti dipendenti dalla Regione,
decorso il novantesimo giorno dalla prima seduta del Consiglio regionale.
Il ricorso è stato promosso da un direttore generale dell’Agenzia
Regionale per la Protezione Ambientale del Lazio ( A.R.P.A. ), dichiarato
cessato dall’incarico per effetto delle norme regionali sullo spoil system.
Il Consiglio di Stato preliminarmente dichiara la giurisdizione
in materia del
giudice
amministrativo,
in
quanto i provvedimenti impugnati (cessazione dall’incarico del ricorrente e nomina
al suo posto di un commissario) "sono
chiara
espressione
di
uno
straordinario
potere
attribuito
all’Amministrazione
regionale in ordine all’organizzazione degli Enti da essa dipendenti, sulla
base di una valutazione discrezionale circa la sussistenza dei presupposti di
legge, a fronte della quale non sono ipotizzabili se non posizioni di interesse
legittimo al suo corretto esercizio".
I Giudici di Palazzo Spada chiariscono che il
censurato (successivo) commissariamento deve ritenersi espressione di un
potere di
natura generale, attribuito a
chi eserciti la vigilanza
sull’Ente,
al fine di far fronte in via straordinaria e temporanea al periodo transitorio,
allorché non
siano più in carica gli organi ordinari (Consiglio di Stato, n.
507/05 ).
E’ pure chiarito che l’autonomia tecnica, amministrativa
e contabile di cui gode l’ARPA e la sua competenza su una materia riservata
allo Stato non fa venire meno la sua dipendenza funzionale e politico
amministrativa dalla Regione, posto che, come ha rilevato la stessa Corte costituzionale
(Sent.
n. 108/05), in relazione all’art. 117 Cost. non può parlarsi,
in senso tecnico, di una materia qualificabile come "tutela dell’ambiente",
riservata rigorosamente alla competenza statale giacché essa "configurandosi
piuttosto come un valore costituzionale protetto investe altre competenze che
ben possono essere generali, spettando allo Stato il compito di fissare standard
di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale".
Ciò posto, il Consiglio di Stato ritiene che la disciplina sullo spoil
system nella Regione Lazio miri ad introdurre una cesura nella continuità dell’azione
amministrativa esplicata dal titolare della carica, non in dipendenza della
valutazione della qualità di questa, ma di un evento oggettivo, qual è l’insediamento
del nuovo Consiglio all’esito della consultazione elettorale, in contrasto
con i principi costituzionali del
buon andamento e dell’imparzialità, dettati dall’art.
97 della Costituzione
(cfr. in proposito Corte Cost. 16 maggio 2002 n. 193).
La stessa dilazione
trimestrale della decadenza e l’ampiamente discrezionale facoltà dell’Amministrazione
di conferma nella carica, lungi dal dissipare il dubbio di incostituzionalità,
lo confortano in quanto suscettibili di condizionare il comportamento dell’interessato
ancora in servizio, proprio in vista della possibile riconferma.
Appare evidente, allora, come da queste disposizioni emerge il principio
fondamentale della materia secondo il quale al rapporto del Direttore generale
deve essere
garantita una stabilità ed autonomia in misura, certamente rimessa alla
valutazione discrezionale del legislatore regionale, ma comunque congrua per
l’esercizio, da parte di tale funzionario, delle sue specifiche attribuzioni,
secondo i canoni -ora precisati dall’art. 1 della L. 7 agosto 1990 n.
241, come novellato con L. 11 febbraio 2005 n. 15- di adeguatezza dell’azione
amministrativa all’art. 97 Cost. (nel caso di specie, in forza
dei provvedimenti impugnati, il rapporto è stato sciolto in
anticipo rispetto alla sua durata quinquennale stabilita nel contratto).
La previsione della
decadenza dalla carica sembra esulare dalla competenza legislativa regionale,
in quanto
incidendo sulla disciplina del sottostante rapporto di lavoro di cui
determina la cessazione, si esplica in realtà nella materia dell’ “ordinamento
civile”, affidato dall’art. 117, co. 2, lett. l), Cost. alla potestà legislativa
esclusiva dello Stato.
Va infine anche rilevata
l’incostituzionalità anche
dell’art. 19 del D.Lgs. n. 165 del 30-3.2001, relativo alle amministrazioni
statali, che in relazione agli incarichi di cui al co. 3, da un lato fissa
gli obiettivi da conseguire con riferimento alle priorità , ai piani,
ai programmi, nonché la durata dell’incarico in relazione agli
obiettivi prefissati, durata che non può essere inferiore ai tre anni
né eccedere i cinque anni, e dall’altro, al co. 8, ne dispone,
comunque, la cessazione, decorsi novanta giorni dal voto di fiducia al Governo,
violando l’obiettivo della separazione fra indirizzo politico e gestione
amministrativa, che ispira la riforma della dirigenza.
– – – –
Consiglio di Stato, V sezione
Ordinanza 7 febbraio 2006 n. 490
(presidente Elefante, estensore Metro)
(…)
Fatto e Diritto
La ricorrente ha impugnato innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per
il Lazio il provvedimento con il quale la Regione Lazio ha dichiarato la sua
cessazione dall’incarico di Direttore generale dell’Agenzia Regionale
per la Protezione Ambientale del Lazio ( A.R.P.A. ), in applicazione dell’art.
55 del nuovo Statuto regionale, approvato con L. R. 11 novembre 2004 n. 1 e
dell’art. 71 della L.R. 17/2/05, n. 9.
Ha impugnato, altresì, il successivo provvedimento di nomina di un
Commissario straordinario dell’A.R.P.A.
La domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato,
avanzata in via incidentale, è stata accolta con ordinanza del TAR Lazio,
sez. I ter, n.6147 del 27/10/05, avverso la quale la regione Lazio ha proposto
l’appello indicato in epigrafe,
sostenendo i seguenti motivi:
1-inammissibilità del ricorso di I grado per difetto di giurisdizione;
2-inammissibilità del ricorso di I grado per carenza di interesse alla
impugnativa della nomina di un Commissario straordinario dell’ARPA, in
considerazione della decadenza automatica della ricorrente dall’incarico
di Direttore generale, per effetto delle richiamate norme;
3-erroneità dell’ordinanza appellata, avendo i giudici di I grado
ritenuto ingiustamente, in adesione a quanto sostenuto dalla ricorrente, che
le disposizioni di cui all’articolo di 71 della L.R. n. 9/05 (c.d. “spoil
system”) sarebbero applicabili ai soli Enti indicati nell’articolo
55 dello Statuto regionale, con esclusione, quindi, dell’ARPA, che sarebbe
regolata dall’art. 54 dello Statuto e che avrebbe una forte caratterizzazione
tecnico funzionale, esercitando attività connesse a competenze non riconducibili
esclusivamente alla Regione, della quale non potrebbe, perciò, considerarsi
Ente dipendente;
4-infondatezza della censura secondo cui la nomina del Commissario straordinario
sarebbe stata disposta in violazione dei presupposti di legge.
La ricorrente in I grado, costituitasi in giudizio, ha chiesto la reiezione
dell’appello sulla domanda cautelare, sostenendo la fondatezza dei suoi
motivi di ricorso.
Con ordinanza n. 6048 del 13.12.2005, questa Sezione ha disposto la sospensione
del giudizio cautelare in vista della remissione degli atti alla Corte costituzionale,
essendo la questione analoga, per i profili di incostituzionalità di
seguito richiamati, a quanto già rilevato con altra ordinanza , riferita
ai Direttori generali delle Ausl.
La domanda cautelare in esame, infatti, sotto i combinati profili delle “ragionevole
previsione sull’esito del ricorso “ e della valutazione del pregiudizio
allegato “ dalla ricorrente, come prescrive l’articolo 21 della
L. n. 1034/71, nel testo modificato dalla L. n. 205/00, per la gravità e
difficile riparabilità del pregiudizio non solo economico ma anche professionale
e sociale, che dall’esecuzione dei provvedimenti impugnati deriverebbe
a carico dell’interessata, implica una adeguata valutazione in relazione
al “fumus boni iuris” delle doglianze dedotte.
Non si dubita, in primo luogo che, nella specie, sussista la giurisdizione
del giudice amministrativo, in quanto i provvedimenti impugnati sono chiara
espressione di uno straordinario potere attribuito all’Amministrazione
regionale in ordine all’organizzazione degli Enti da essa dipendenti,
sulla base di una valutazione discrezionale circa la sussistenza dei presupposti
di legge, a fronte della quale non sono ipotizzabili se non posizioni di interesse
legittimo al suo corretto esercizio.
Superata in tal modo la questione di rito, occorre passare all’esame
degli ulteriori motivi di appello.
Deve concordarsi, con la Regione Lazio, sulla infondatezza del 4° motivo
proposto dalla ricorrente, secondo cui la nomina del Commissario straordinario
sarebbe stata disposta in violazione di legge, per sopperire all’impossibilità di
nominare, entro il 16 agosto 2005, il nuovo Direttore generale, atteso che
il potere di commissariamento deve ritenersi un potere di natura generale,
attribuito a chi esercita la vigilanza sull’Ente, al fine di far fronte
in via straordinaria e temporanea al periodo transitorio, allorché non
siano più in carica gli organi ordinari ( C.S. n. 507/05 ).
Resta, pertanto, da esaminare il 3° motivo di appello, a cui è collegato
il 2°motivo, relativi all’applicabilità, anche all’ARPA,
del c.d. “spoil system”.
Ai sensi della L.R. n. 45/98, istitutiva dell’ARPA, la stessa è un
Ente strumentale della Regione dotato di personalità giuridica (art.
2), la cui natura di Ente dipendente risulta chiaramente dalle funzioni in
materia ambientale svolte a favore della Regione stessa, degli Enti locali
e degli Enti gestori delle aree naturali regionali (art. 3), dal suo assoggettamento
alla vigilanza e al controllo, riservato alla Giunta regionale
(art. 9), dal fatto che la nomina del Direttore generale è riservata
al Consiglio regionale (art. 5), dal fatto che il personale, i beni e le dotazioni
sono della Regione (art.19) e che i finanziamenti sono, in prevalenza, regionali
(art. 20).
All’ARPA, pertanto, in quanto Ente pubblico dipendente, va applicato
l’art. 55 dello Statuto.
In ogni caso, poi, quand’anche si volesse, in ipotesi, ritenere applicabile
l’art. 54 dello Statuto, l’ARPA, in quanto “unità amministrativa”,
rientrerebbe ugualmente nel sistema dello “spoil system”, per effetto
del richiamo, contenuto nell’art. 71 L.R. n. 9/05, all’art. 53,
II comma dello Statuto, che prevede l’applicazione di tale istituto anche
alle posizioni amministrative di particolare rilievo e responsabilità.
Né può ritenersi che l’autonomia tecnica, amministrativa
e contabile di cui gode l’ARPA e la sua competenza su una materia riservata
allo Stato possa annullare la sua dipendenza funzionale e politico amministrativa
dalla Regione, posto che, come ha rilevato la stessa Corte costituzionale (Sent.
n. 108/05), in relazione all’art. 117 Cost. non può parlarsi,
in senso tecnico, di una materia qualificabile come “ tutela dell’ambiente “,
riservata rigorosamente alla competenza statale giacché essa “ configurandosi
piuttosto come un valore costituzionale protetto investe altre competenze che
ben possono essere generali, spettando allo Stato il compito di fissare standard
di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale “.
Deriva, da tutto ciò, la correttezza della qualificazione dell’ARPA
come Ente dipendente dalla Regione, il che comporterebbe l’applicabilità,
nei confronti del suo Direttore generale, dell’istituto dello “spoil
system” e l’accoglimento dell’appello cautelare proposto
dalla Regione Lazio.
Peraltro, come già rilevato con ordinanza di questa Sezione, n.5836/05,
che qui si richiama, la normativa applicata appare sospetta di incostituzionalità sotto
vari profili.
“L’art. 55 dello Statuto regionale stabilisce la decadenza generalizzata
dalla carica dei componenti degli organi istituzionali di tutti gli Enti dipendenti,
decorso il novantesimo giorno dalla prima seduta del Consiglio regionale.
La norma statutaria è stata estesa dall’art. 71 della L.R.9/05
anche alle ipotesi in cui la carica sia in atto alla data di entrata in vigore
dello Statuto, disponendo, a tal fine, l’adeguamento di diritto della
durata del contratto regolante il rapporto di lavoro sottostante.
Ancorché differita di novanta giorni, la cessazione dalla carica è,
evidentemente, connessa al rinnovo del Consiglio regionale, massimo organo
politico della Regione, con l’evidente finalità di consentire
alle forze politiche di cui è espressione il nuovo Consiglio, di sostituire
i preposti agli organi istituzionali.
La disciplina, tuttavia, è atta ad introdurre una cesura nella continuità dell’azione
amministrativa esplicata dal titolare della carica, non in dipendenza della
valutazione della qualità di questa, ma di un evento oggettivo, qual è l’insediamento
del nuovo Consiglio all’esito della consultazione elettorale.
Ciò appare in contrasto con i principi costituzionali del buon andamento
e dell’imparzialità, dettati dall’art. 97 della Costituzione.
Invero, la norma di cui al ripetuto art. 55, comma 4, come attuata con l’art.
71 L.R. n. 9/05, anche in relazione all’eventualità di cessazioni
infrannuali, comporta la possibile incisione, avulsa da ogni vaglio di rendimento
(cfr. in proposito Corte Cost. 16 maggio 2002 n. 193), su quella stabilità ed
autonomia che consente al dirigente di improntare il suo operato al rispetto
dei richiamati principi.
In proposito, peraltro, non può trascurarsi di osservare che la dilazione
trimestrale della decadenza e l’ampiamente discrezionale facoltà dell’Amministrazione
di conferma nella carica, lungi dal dissipare il dubbio di incostituzionalità,
lo confortano in quanto suscettibili di condizionare il comportamento dell’interessato
ancora in servizio, proprio in vista della possibile riconferma.”
Va anche rilevato che la L.R. n. 45/98 (Istituzione dell’ARPA) prevede,
all’art. 5.6, che il rapporto di lavoro del Direttore generale è a
tempo pieno ed è regolato da contratto di diritto privato di durata
quinquennale e che l’incarico è incompatibile con ogni attività professionale
e con cariche elettive pubbliche.
Appare evidente, allora, come da queste disposizioni emerge il principio fondamentale
della materia secondo il quale al rapporto del Direttore generale deve essere
garantita una stabilità ed autonomia in misura, certamente rimessa alla
valutazione discrezionale del legislatore regionale, ma comunque congrua per
l’esercizio, da parte di tale funzionario, delle sue specifiche attribuzioni,
secondo i canoni -ora precisati dall’art. 1 della L. 7 agosto 1990 n.
241, come novellato con L. 11 febbraio 2005 n. 15- di adeguatezza dell’azione
amministrativa all’art. 97 Cost.
La contestata normativa regionale, invece, ha introdotto una condizione di
precarietà di quel rapporto che, evidentemente, urta contro il principio
ora indicato. Il che si riscontra proprio nel caso di specie, in cui, in forza
dei provvedimenti impugnati, il rapporto è stato sciolto in anticipo
rispetto alla sua durata quinquennale stabilita nel contratto.
Non può, infine, omettersi il rilievo che la previsione della decadenza
dalla carica sembra esulare dalla competenza legislativa regionale, in quanto
in incidendo sulla disciplina del sottostante rapporto di lavoro di cui determina
la cessazione, si esplica in realtà nella materia dell’ “ordinamento
civile”, affidato dall’art. 117, co. 2, lett. l), Cost. alla potestà legislativa
esclusiva dello Stato.
Per tale profilo, in relazione ai richiamati principi, va rilevata l’incostituzionalità anche
dell’art. 19 del D.Lgs. n. 165 del 30-3.2001, relativo alle amministrazioni
statali, che in relazione agli incarichi di cui al co. 3, da un lato fissa
gli obiettivi da conseguire con riferimento alle priorità , ai piani,
ai programmi, nonché la durata dell’incarico in relazione agli
obiettivi prefissati, durata che non può essere inferiore ai tre anni
né eccedere i cinque anni, e dall’altro, al co. 8, ne dispone,
comunque, la cessazione, decorsi novanta giorni dal voto di fiducia al Governo,
violando l’obiettivo della separazione fra indirizzo politico e gestione
amministrativa, che ispira la riforma della dirigenza.
Per le ragioni sin qui esposte, la delineata questione di legittimità costituzionale
del combinato disposto dell’art. 53, co. II e/o dell’art. 55, co.
IV dello Statuto della Regione Lazio, approvato con L.R. 11/12/04 n. 1 e dell’art.
71, co 1, 3 e 4 della L. R. 17 febbraio 2005 n. 9, per contrasto con gli artt.
97, 117, co. 3 ultimo periodo e 117 co. 2,lett. l) della Costituzione, è rilevante
ai fini del decidere e non è manifestamente infondata.
Pertanto, essa va sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale nei termini
che precedono.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, sospende il
giudizio sul ricorso in epigrafe ed ordina l’immediata trasmissione degli
atti di causa alla Corte Costituzionale.