La Corte dei Conti puo’ condannare anche i privati che ricevono finanziamenti
pubblici per la loro attivita’ privata. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione
a
sezioni
unite, con sentenza 4511/2006, decidendo il caso di un imprenditore privato che
aveva ricevuto denaro pubblico per acquistare macchinari di cui in realta’ era
gia’ proprietario.
L’impresa aveva sostenuto in Cassazione la carenza
di
giurisdizione
del giudice contabile (e la conseguente giurisdizione del giudice ordinario).
E’ interessante notare come nel giudizio, il Procuratore Generale presso la Corte
di Cassazione avesse concluso per l’accoglimento del ricorso, e dunque per
la declinatoria della carenza di giurisdizione contabile,
osservando
che
"nel caso di finanziamenti a soggetti privati, che conservano completa autonomia
nell’organizzazione
dell’attività imprenditoriale,
sia pure con l’obbligo di destinare le somme erogate all’acquisto
di macchinari nuovi, il soggetto privato non assume la posizione di ente strumentale
dell’ente pubblico, specialmente quando – come nella specie – l’unica
forma di controllo cui è sottoposto il soggetto beneficiario riguarda
soltanto la corretta contabilizzazione delle operazioni di acquisto (tra l’altro
ad opera di una banca concessionaria e non direttamente ad opera dell’ente
pubblico), (cosicché) quando il rapporto tra l’ente erogante e
il soggetto beneficiario si esaurisce nella mera destinazione delle somme erogate
alla finalità prevista (nella specie: acquisto di macchinari), l’obbligo
sinallagmatico a carico del soggetto privato si configura come il presupposto
dell’erogazione e non come l’espletamento di un’attività rientrante
tra i compiti della pubblica amministrazione".
La Suprema Corte ha invece affermato che in tema di riparto di giurisdizione
tra giudici ordinari e contabili, "il
baricentro si è spostato
dalla qualità del soggetto (privato o pubblico) alla natura
del danno e degli scopi perseguiti, cosicché ove il privato, per sue scelte, incida
negativamente sul modo d’essere del programma imposto dalla pubblica
amministrazione, alla cui realizzazione egli è chiamato a partecipare
con l’atto
di concessione del contributo, e la incidenza sia tale da potere determinare
uno sviamento dalle finalità perseguite, egli realizza un danno per
l’ente
pubblico (anche sotto il mero profilo di sottrarre ad altre imprese il finanziamento
che avrebbe potuto portare alla realizzazione del piano così come concretizzato
ed approvato dall’ente pubblico con il concorso dello stesso imprenditore),
di cui deve rispondere dinanzi al giudice contabile".
. . . . . .
Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili
Sentenza n. 4511/2006
(presidente Carbone, estensore Varrone)
(…)
Premette in fatto
Con atto di citazione in data 8 maggio 2003, la Procura Regionale della Corte
dei Conti – Sezione Giurisdizionale per l’Abruzzo, contestava
l’illegittima erogazione di fondi pubblici, intervenuta nel luglio
1999, nell’ambito del finanziamento finalizzato all’attuazione
del programma operativo multiregionale – Patti territoriali per l’occupazione,
a valere sugli accordi con l’Unione Europea nel contesto dell’obiettivo
1, sottoprogramma n. 9 Sangro-Aventino di cui al decreto n. 967 del 19/01/99
del Ministero del Tesoro, bilancio e programmazione economica, già approvato
dalla commissione della comunità europea.
In particolare, le contestazioni della Procura Generale avevano ad oggetto
l’indebita richiesta e conseguente corresponsione del finanziamento di
lire 355.200.000 alla società S. per la realizzazione di un
impianto per l’innevamento programmato da eseguirsi in Roccaraso (AQ).
Dagli accertamenti eseguiti era, infatti, emerso che, nonostante il progetto
ammesso al finanziamento prevedesse l’installazione di macchinari nuovi
di fabbrica, 24 macchine erano state, invece, acquistate dalla S.
sin dal 02/12/1997 e, successivamente, previo finalizzato ristorno, simulatamente
riacquistate in data 23/11/96.
Ciò premesso, considerato che il danno denunciato era stato reso possibile
anche per la carente attività di controllo dell’istituto di credito
concessionario, il P.R. conveniva in giudizio la soc. S. quale responsabile
diretta a titolo di dolo e l’I. s.p.a. quale responsabile
in via sussidiaria, chiedendone la condanna al pagamento, in favore della Regione
Abruzzo, ciascuno della medesima somma di euro 183.455,50.
Con atto notificato il 10/12/03 la soc. S. ha proposto istanza
di regolamento di giurisdizione, deducendo l’insussistenza della giurisdizione
contabile stante la sua estraneità all’organizzazione amministrativa
e, comunque, ritenendo escluso il rapporto di servizio in quanto l’erogazione
di fondi pubblici costituiva semplicemente lo strumento per lo svolgimento
di un’attività privata, in tale modo sovvenzionata.
Ha resistito la Procura Regionale con controricorso. La ricorrente ha depositato
memoria.
Osserva in diritto
Che secondo il P.G. presso questa Corte
il ricorso è fondato poiché nel
caso di finanziamenti a soggetti privati, che conservano completa autonomia
nell’organizzazione dell’attività imprenditoriale, sia pure
con l’obbligo di destinare le somme erogate all’acquisto di macchinari
nuovi, il soggetto privato non assume la posizione di ente strumentale dell’ente
pubblico, specialmente quando – come nella specie – l’unica
forma di controllo cui è sottoposto il soggetto beneficiario riguarda
soltanto la corretta contabilizzazione delle operazioni di acquisto (tra l’altro
ad opera di una banca concessionaria e non direttamente ad opera dell’ente
pubblico), (cosicché) quando il rapporto tra l’ente erogante e
il soggetto beneficiario si esaurisce nella mera destinazione delle somme erogate
alla finalità prevista (nella specie: acquisto di macchinari), l’obbligo
sinallagmatico a carico del soggetto privato si configura come il presupposto
dell’erogazione e non come l’espletamento di un’attività rientrante
tra i compiti della pubblica amministrazione;
Che la tesi non è condivisibile siccome estranea allo sviluppo
dell’interpretazione
giurisprudenziale nella materia, maturato in relazione al progressivo operare
dell’Amministrazione tramite soggetti non organicamente inseriti nella
stessa e del sempre più frequente operare di questa al di fuori degli
schemi del – per molti versi superato – regolamento di contabilità di
Stato, che ai fini del riconoscimento della giurisdizione della Corte dei conti,
ritiene del tutto irrilevante il titolo in base al quale la gestione del pubblico
denaro è svolta, potendo consistere in un rapporto di pubblico impiego
o di servizio, ma anche in una concessione amministrativa o in un contratto
privato;
Che ormai il baricentro per discriminare la giurisdizione ordinaria da quella
contabile si è spostato dalla qualità del soggetto (che può ben
essere un privato o un ente pubblico non economico) alla natura del danno e
degli scopi perseguiti, cosicché ove il privato, per sue scelte, incida
negativamente sul modo d’essere del programma imposto dalla Pubblica
Amministrazione, alla cui realizzazione egli è chiamato a partecipare
con l’atto di concessione del contributo, e la incidenza sia tale da
poter determinare uno sviamento dalle finalità perseguito, egli realizza
un danno per l’ente pubblico (anche sotto il mero profilo di sottrarre
ad altre imprese il finanziamento che avrebbe potuto portare alla realizzazione
del piano così come concretizzato ed approvato dall’ente pubblico
con il concorso dello stesso imprenditore), di cui deve rispondere dinanzi
al giudice contabile (ex plurimis Cass. Sez. un. n. 8450/98, 926/99, 11309/95),
Che, pertanto, va dichiarata la giurisdizione della Corte dei conti anche con
riguardo al giudizio nei confronti della S., non essendo ovviamente
in discussione tale giurisdizione nei confronti della s.p.a. I.,
anch’essa convenuta in giudizio di responsabilità nella qualità di
concessionaria, per omessa vigilanza,
Che non vi è luogo a pronuncia sulle spese, stante la qualità di
parte formale della Procura Generale contabile;
P.Q.M.
La Corte, pronunciando sull’istanza di regolamento, dichiara la giurisdizione
della Corte dei Conti; nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2006, nella camera di consiglio delle
Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione. Depositata l’1 marzo
2006.