Il risarcimento del danno subito per l’ingiusto e discriminatorio trasferimento

Importante sentenza del Consiglio di Stato, depositata lo scorso 4 settembre,
sul
diritto
al
risarcimento
del
danno
subito da un dirigente della Polizia di Stato, a causa di un trasferimento,
"ingiusto
e
discriminatorio",
disposto con un provvedimento, poi annullato in sede giurisdizionale.

I Giudici di Palazzo Spada hanno affermato che "la lesione del
diritto
del
lavoratore
all’effettivo
svolgimento
della
propria
prestazione professionale costituisce inadempimento contrattuale e determina
l’obbligo del risarcimento del danno c.d. professionale".

Il danno in questione può consistere in:

– "danno patrimoniale derivante
dall’impoverimento della capacità professionale acquisita dal lavoratore
e dalla mancata acquisizione di una maggiore capacità";

– "perdita di ‘chance’ ossia di ulteriori possibilità di
guadagno sia in una lesione del diritto del lavoratore all’integrità fisica
o, più in generale, alla salute ovvero all’immagine o alla vita di relazione.

Per quanto concerne il risarcimento
del "danno biologico" può "costituire una lesione del diritto
del lavoratore all’integrità fisica
(art. 2087 del c.c.) o, più in generale, alla salute (art. 32 della Costituzione),
quando la violazione degli obblighi ricadenti sul datore di lavoro abbia determinato
nel lavoratore non soltanto un dispiacere, una afflizione dello spirito rientrante
tra i danni morali, ma una vera e propria patologia psichica, come uno stato
ansioso o una sindrome da esaurimento".

Ovviamente, dovrà poi verificarsi in concreto "se le patologie
lamentate
sussistano
e si possano porre in rapporto di causalità con l’illegittimo trasferimento
disposto dall’amministrazione".

Per la quantificazione del danno, "può essere fatto ricorso al
metodo equitativo, di cui agli art. 2056 e 1223 c.c., tenendo anche conto dei
criteri
utilizzati
dalla giurisprudenza ordinaria per il calcolo del valore medio del punto di invalidità e
considerata l’età del ricorrente".

. . . . . .

Consiglio di Stato, VI sezione

Sentenza del 4 settembre 2006 n. 5087

(presidente Giovannini, relatore Chieppa)

Annulla in parte TAR Puglia, Lecce, sez. I, 8.5.2003 n. 2971

(…)

FATTO E DIRITTO

1. Con il ricorso in appello in epigrafe D.L., dirigente
della Polizia di Stato collocato a riposo per raggiunti limiti di età dal
1994, ha chiesto l’annullamento della sentenza n. 2971/2003 con la quale
il Tar per la Puglia, sezione di Lecce, ha respinto il ricorso proposto per l’accertamento
del diritto al risarcimento del danno per l’ingiusto e discriminatorio
trasferimento (dalla Questura di Lecce alla Questura di Cagliari) subito a mezzo
di provvedimento annullato in sede giurisdizionale.

L’amministrazione intimata si è costituita in giudizio, chiedendo la reiezione
dell’appello.

Con la decisione n. 3033/2005 questa Sezione accoglieva in parte il ricorso in
appello, condannando il Ministero dell’interno al pagamento in favore del
ricorrente della somma di Euro 15.000,00 a titolo di danno all’immagine
subito a causa dell’illegittimo provvedimento adottato dall’amministrazione.

Con tale sentenza parziale è stato evidenziato che:

– il trasferimento era stato disposto per asseriti comportamenti del ricorrente
non conformi al decoro e al prestigio della Polizia di Stato, ma era stato poi
annullato non per vizi formali ma per “la totale fondatezza” di tutti
i profili di illegittimità denunciati dal dirigente;

– un provvedimento di trasferimento “punitivo” di un dirigente della
Polizia di Stato è idoneo di per sé a causare un danno all’immagine
al dipendente anche prima o in assenza di una sua concreta esecuzione;

– sussiste anche l’elemento soggettivo della responsabilità della
P.a.,

– la lesione del diritto del lavoratore all’effettivo svolgimento della propria
prestazione professionale costituisce inadempimento contrattuale e determina
l’obbligo del risarcimento del danno c.d. professionale, che può assumere
aspetti diversi in quanto può consistere sia nel danno patrimoniale derivante
dall’impoverimento della capacità professionale acquisita dal lavoratore
e dalla mancata acquisizione di una maggiore capacità, sia nel pregiudizio
subito per perdita di "chance" ossia di ulteriori possibilità di
guadagno sia in una lesione del diritto del lavoratore all’integrità fisica
o, più in generale, alla salute ovvero all’immagine o alla vita di relazione
(v., Cassazione civile, sez. lav., 22 febbraio 2003, n. 2763; Cassazione civile,
sez. lav., 14 novembre 2001, n. 14199; Cassazione civile, sez. lav., 10 giugno
2004, n. 11045).

Con riguardo alla ulteriore domanda risarcitoria, avente ad oggetto il c.d. danno
biologico, la Sezione ha disposto una CTU al fine di accertare:

a) le conseguenze dannose del malore che ha colpito il ricorrente alla data di
comunicazione del provvedimento di trasferimento con particolare riguardo alla
compatibilità con la dipendenza del malore dall’apprensione della
citata notizia, al periodo di malattia che ne è seguito e alla quantificazione
del danno biologico subito;

b) la sussistenza di un aggravamento delle condizioni del ricorrente o l’insorgere
di nuove patologie, riconducibili al suddetto malore o comunque a fatti collegati
con il menzionato provvedimento di trasferimento, anche in questo caso con eventuale
relativa quantificazione del danno biologico subito.

Espletata la consulenza, la Sezione, con l’ordinanza n. 514/2006, ha ritenuto
di disporre un ulteriore adempimento istruttorio, la cui necessità era
sorta a seguito del deposito della relazione del CTU.
Infatti, da tale relazione emergeva una discordanza relativa alla data di comunicazione
al dirigente del trasferimento alla Questura di Cagliari, avvenuta secondo il
ricorrente il 31-12-1991 e riportata al 22-12-1991 in altro atto di giudizio
(v. pag. 17 della CTU).
Veniva quindi chiesto al Ministero di produrre ogni atto da cui risultasse l’esatta
data della comunicazione al ricorrente della notizia del trasferimento, poi annullato,
e ogni altro documento idoneo all’accertamento del nesso di causalità tra
la ricezione della notizia e il ricovero in ospedale avvenuto il 31-12-1991.

Espletata l’ulteriore istruttoria, all’odierna udienza la causa è stata
trattenuta in decisione.

2. Il punto della controversia da risolvere è costituito dalla verifica
della sussistenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda di risarcimento
del danno biologico, che il ricorrente assume essergli derivato a causa dell’illegittimo
trasferimento.

Sostiene l’appellante di essere stato colto da malore quando in Questura
apprese la notizia del trasferimento, con conseguente aggravamento delle sue
condizioni di salute rispetto alla situazione patologica pregressa (cardiomiopatia)
e insorgenza di una sindrome ansioso-depressiva.

Già con le precedenti decisioni, la Sezione aveva fatto riferimento ai
citati precedenti della Cassazione, con cui è stato affermato che può,
ad esempio, costituire una lesione del diritto del lavoratore all’integrità fisica
(art. 2087 del c.c.) o, più in generale, alla salute (art. 32 della Costituzione),
quando la violazione degli obblighi ricadenti sul datore di lavoro abbia determinato
nel lavoratore non soltanto un dispiacere, una afflizione dello spirito rientrante
tra i danni morali, ma una vera e propria patologia psichica, come uno stato
ansioso o una sindrome da esaurimento (Cass. 16 dicembre 1992 n. 13299).

Si tratta ora di verificare in concreto se le patologie lamentate sussistano
e si possano porre in rapporto di causalità con l’illegittimo trasferimento
disposto dall’amministrazione.

La CTU ha consentito di accertare la sussistenza sia di un aggravamento della
patologia all’apparato cardio-vascolare sia di una patologia all’apparato
psichico.

Tuttavia, sotto il profilo del nesso di causalità, si rileva che dalla
seconda istruttoria sono emersi elementi incompatibili con la tesi del ricorrente,
secondo cui il ricovero del 31-12-1991 era avvenuto a causa del malore immediatamente
successivo alla comunicazione della notizia del trasferimento.

Infatti, il telegramma contenente la notizia del trasferimento è stato
trasmesso dal Ministero alla Questura di Lecce il 28-12-1991 e in data 2-1-1992 è stato
inviato sempre alla Questura di Lecce il decreto di trasferimento, da notificare
al ricorrente.

Tale decreto è stato notificato in data 4-1-1992 e, quindi, successivamente
al ricovero del 31-12-1991.

Il ricorrente sostiene di aver appreso comunque la notizia del trasferimento
in data 31-12 ed allega una semplice dichiarazione di un appartenente alla Polizia
di Stato, che lo avrebbe accompagnato all’ospedale dopo il malore conseguente
all’apprensione della notizia.

Tale dichiarazione non costituisce valido elemento probatorio e, in assenza di
ulteriori elementi o di richieste di assunzioni di idonee prove, deve ritenersi
non dimostrato il nesso di causalità tra il malore che ha determinato
il ricovero e l’apprensione della notizia del trasferimento.

Per di più, dagli atti depositati dall’amministrazione risulta che
il ricorrente si trovava in congedo ordinario con decorrenza 27-12-1991 e che
in data 3-1-1992 aveva fatto pervenire altro certificato per ulteriori giorni
30 di riposo (all. 3 dei documenti depositati il 29-3-2006).
Ciò rende meno plausibile la tesi dell’apprensione della notizia
il 31-12 e, comunque, costituisce un elemento che poteva essere superato solo
con adeguate risultanze probatorie, non fornite e non richieste.
L’assenza del nesso di causalità tra il malore del 31-12-91 e la
menzionata notizia esclude che all’illegittimo trasferimento possa essere
ricondotto l’aggravamento della patologia dell’apparato cardio-vascolare,
in quanto lo stesso CTU aveva evidenziato che tale aggravamento era stato determinato
da un meccanismo a cascata derivante da un evento improvviso caratterizzato da
elevata carica emotiva, quale il trasferimento (che invece il ricorrente non
ha provato di aver appreso prima del malore).
Deve, quindi, essere respinta la domanda risarcitoria relativa a tale invalidità,
quantificata dal CTU nella misura del 20 % di invalidità permanente e
di giorni 40 di invalidità temporanea assoluta.

3. In relazione all’altra patologia (sindrome ansioso depressiva) le conclusioni
sono in parte diverse.
L’assenza del nesso di causalità tra notizia del trasferimento e
malore conduce ad escludere che il momento intenso di stress, descritto dal CTU,
sia legato all’illegittimo trasferimento e abbia potuto incidere sulle
condizioni psichiche del ricorrente.
Tuttavia, nella consulenza viene descritto un peggioramento di tale sindrome
depressiva legato ad una prolungata situazione di stress, su cui ha presumibilmente
inciso il disposto trasferimento e le successive vicende anche giurisdizionali.
Sotto tale profilo sussiste il nesso di causalità, anche se la misura
dell’invalidità permanente accertata dal CTU deve essere equitativamente
ridotta dal 10 al 5 %, tenuto conto di quanto appena affermato circa la solo
parziale riconducibilità della patologia all’illegittimo trasferimento.
Per la quantificazione del danno può essere fatto ricorso al metodo equitativo,
di cui agli art. 2056 e 1223 c.c., tenendo anche conto dei criteri utilizzati
dalla giurisprudenza ordinaria per il calcolo del valore medio del punto di invalidità e
considerata l’età del ricorrente.
Il danno, attualizzato ad oggi, va quantificato nella misura di Euro 5.100,00.

4. In conclusione, la domanda risarcitoria relativa al danno biologico deve essere
in parte accolta nei limiti e nella misura in precedenza evidenziata, con condanna
dell’amministrazione al pagamento in favore del ricorrente della somma
di Euro 5.100,00.
Con riguardo alle spese del giudizio e della CTU, va tenuto conto della prevalente
soccombenza dell’amministrazione, che deve quindi essere condannata alla
rifusione dei due terzi delle spese di giudizio, quantificati nella misura di
Euro 8.000,00, oltre al pagamento di due terzi delle spese della CTU, già liquidate
con la precedente ordinanza.
In considerazione della solo parziale soccombenza del ricorrente sussistono giusti
motivi per compensare tra le parti il restante terzo delle spese di giudizio
e di consulenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente
pronunciando, accoglie in parte il ricorso in appello indicato in epigrafe e
per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, condanna il Ministero dell’interno
al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 5.100,00.
Respinge nel resto il ricorso, salvo quanto deciso con la sentenza n. 3033/2005
di questa Sezione. Condanna il Ministero dell’interno alla rifusione, in
favore del ricorrente di due terzi delle spese di giudizio, liquidate nella somma
di Euro 8.000,00,
oltre Iva e C.P., compensando il restante terzo delle spese.
Pone le spese della CTU a carico del Ministero dell’interno per due terzi,
compensando il restante terzo.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa. Così deciso
in Roma, in data 11.4.2006. Depositata in segreteria il 4
settembre 2006.

Redazione

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