Il Consiglio di Stato su voto numerico e tempi di correzione degli elaborati

Nonostante la previsione contenuta nell’art. 3, comma 1, della legge n. 241 del 1990, il voto numerico attribuito dalle competenti commissioni alle prove scritte ed orali di un esame di abilitazione esprime e sintetizza il giudizio tecnico-discrezionale della commissione stessa, contenendo in sé la sua stessa motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni e chiarimenti.

Non è sindacabile in sede di legittimità la congruità del tempo dedicato dalla commissione giudicatrice alla valutazione delle prove d’esame di candidati: manca infatti una predeterminazione, sia pure di massima, ad opera di legge o di regolamenti, dei tempi da dedicare alla correzione degli scritti (all’infuori di quello fissato per la chiusura di tutte le operazioni di revisione); inoltre non è possibile, di norma, stabilire quali concorrenti abbiano fruito di maggiore o minore considerazione e se, quindi, il vizio dedotto infici in concreto il giudizio contestato; infine, i calcoli effettuati in base ad un computo meramente presuntivo, derivante dalla suddivisione della durata di ciascun seduta per il numero dei concorrenti – o degli elaborati – esaminati, risultano scarsamente significativi.

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Consiglio di Stato, sezione quarta

Sentenza 4 febbraio 2008 numero 294

(presidente Cossu, estensore Aureli)

[Conferma TAR Campania, IV, 1 febbraio 2005 n. 615]

(…)



Diritto

L’appellante contesta la sua esclusione dall’elenco degli ammessi alle prove orali per gli esami di abilitazione alla professione di avvocato presso al Corte di appello di Napoli, sessione 2003.

Deduce in particolare:

I° motivo: dai verbali della Commissione riguardante le prove scritte del dott. Carbone non si evince quale dei criteri – da essa predeterminati ai fini della correzione degli elaborati di tutti i candidati – sia stato quello in base al quale le prove del suddetto sono state giudicate negativamente; dai segni grafici apposti dai Commissari si evince che il voto negativo è dipeso da errori di grammatica veniali, ai quali, quindi, è stato dato un peso eccessivo rispetto alla struttura giuridica degli elaborati.

II° motivo: il voto numerico, non accompagnato dal giudizio valutativo espresso per esteso non costituisce motivazione sufficiente.

III°motivo: la Commissione ha commesso una illegittimità nel passare alla valutazione anche del terzo elaborato, pur avendo già giudicato negativamente il primo ed il secondo dello stesso candidato.

IV° motivo: il tempo impiegato dalla Commissione per valutare gli elaborati è stato talmente ridotto da poter escludere che la valutazione sia stata effettuata con la dovuta attenzione.

L’appello è infondato.

La Sezione, al riguardo, ritiene che l’esame del primo motivo d’appello debba essere preceduto dall’esame del terzo motivo, poiché le ragioni del rigetto di quest’ultimo fanno emergere argomenti utili a condurre al rigetto del primo.

Con il terzo motivo l’appellante lamenta che la Commissione abbia valutato anche il terzo elaborato nonostante che il primo ed il secondo elaborato avessero riportato l’insufficienza.

Avrebbe dunque la Commissione violato le ragioni di economia procedimentale postulate dall’art. 14, comma 4° del regolamento concorsi di cui al d.p.r. n. 487/1994, che, appunto, consentirebbe di non valutare tutte le prove scritte se il candidato ha riportato l’insufficienza in una delle precedenti. L’aver la Commissione operato in senso non conforme a tale previsione sarebbe, inoltre, indice della confusione nella quale si sono svolte le operazioni di correzione.

Al riguardo, a prescindere dall’ammissibilità del motivo, come giustamente rilevato da giudice di prime cure, è preminente osservare, ad avviso della sezione, che dalla norma invocata non sembra possa evincersi quanto sostenuto dall’appellante, poiché, al contrario, la Commissione è tenuta, di regola, a valutare “tutti gli elaborati dei concorrenti” (comma 6°).

Del resto, ove fosse corretto il rilievo dell’appellante, non ne deriverebbe affatto l’illegittimità dei giudizi negativi espressi dalla Commissione; verrebbe semmai in evidenza che quest’ultima ha operato, indubbiamente, in senso più favorevole al candidato, al fine cioè di accertare, la sua effettiva preparazione complessiva, e per questo eseguendo l’esame contestuale di tutti i suoi elaborati.

Quest’ultimo rilevo consente altresì’ di far emergere, e si passa per tal verso all’esame del primo motivo di ricorso, l’insostenibilità del rilievo secondo il quale la Commissione avrebbe valutato negativamente la prima e seconda prova per la sola ragione degli evidenziati veniali errori grammaticali commessi dal candidato, e quindi prescindendo, in violazione dei criteri di correzione precedentemente da essa introdotti, dal loro contenuto giuridico.

Senonchè, proprio l’esame non obbligatorio anche del terzo scritto da parte della Commissione, ove essa non ha individuato errori grammaticali, e della cui finalità s’è detto, porta senza dubbio ad escludere che agli errori grammaticali rilevati nel primo e secondo scritto sia stato attribuito peso esclusivo nel determinare il giudizio negativo contestato.

Ne consegue che la Commissione, nel ritenere negativa la prova scritta dell’appellante, nè ha disapplicato i criteri di valutazione da essa stessa predeterminati (primo motivo), né ha eseguito la valutazione degli elaborati con un modus operandi che dimostrerebbe, attraverso la violazione della invocata regola procedimentale, l’inaffidabilità della valutazione finale da essa effettuata (terzo motivo).

Il primo ed il terzo motivo d’appello vanno quindi respinti.

Con il secondo motivo, viene dedotta l’illegittimità del voto numerico.

Al riguardo la Sezione non intende discostarsi dal proprio orientamento, ormai consolidatosi, sulla questione della legittimità del voto numerico nelle prove scritte degli esami per abilitazione alla professione di avvocato, nonostante la previsione contenuta nell’art. 3, comma 1°, l.n. 241 del 1990.

Ribadisce al riguardo la sezione che il voto numerico attribuito dalle competenti commissioni alle prove scritte ed orali di un esame di abilitazione (nella specie, di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato), esprime e sintetizza il giudizio tecnico – discrezionale della commissione stessa, contenendo in sé la sua stessa motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni e chiarimenti (ex plurimis, C. Stato, IV, 31.10. 2006 n. 7284, 7.3.2005, n. 900; 3.5.2005, n. 2154; 10.5.2005, n. 2269; 27.5.2002, n. 2906).

La motivazione espressa numericamente, oltre a rispondere al principio di economicità e proporzionalità della azione amministrativa di valutazione, assicura la necessaria spiegazione delle valutazioni di merito compiute dalla commissione e consente il sindacato sul potere amministrativo esercitato, specie quando la Commissione abbia predisposto i criteri in base ai quali procederà alla correzione.

D’altronde, non può non evidenziarsi che le valutazioni delle prove di esame da parte delle commissioni esaminatrici di concorsi sono espressione della ampia discrezionalità tecnica di cui esse dispongono nello stabilire la idoneità tecnica e culturale dei candidati, il cui esercizio è sindacabile solo sotto il profilo dell’eccesso di potere, della illogicità manifesta, travisamento dei fatti, disparità di trattamento, tutti profili che non si rilevano nel caso di specie. Il secondo motivo d’appello deve quindi essere respinto. Il quarto ed ultimo motivo di appello concerne la sindacabilità in sede di legittimità dei tempi dedicati dalla Commissione alla valutazione dei candidati.

Tale censura è infondata.

Non è sindacabile in sede di legittimità la congruità del tempo dedicato dalla commissione giudicatrice alla valutazione delle prove d’esame di candidati: in primo luogo, infatti, manca una predeterminazione, sia pure di massima, ad opera di legge o di regolamenti, dei tempi da dedicare alla correzione degli scritti (all’infuori di quello fissato per la chiusura di tutte le operazioni di revisione: cfr. art. 26 r.d. 22 gennaio 1934 n. 37); in secondo luogo, non è possibile, di norma, stabilire quali concorrenti abbiano fruito di maggiore o minore considerazione e se, quindi, il vizio dedotto infici in concreto il giudizio contestato.

Inoltre, i calcoli dell’appellante risultano scarsamente significativi in quanto sono stati effettuati in base ad un computo meramente presuntivo, derivante dalla suddivisione della durata di ciascun seduta per il numero dei concorrenti – o degli elaborati – e esaminati (Cons. Stato., Sez. VI, 10 aprile 2003, n. 1906; sez. IV, 28 ottobre 2003, n. 4674; 17 settembre 2004, n. 6155).

Alla stregua delle su esposte considerazioni, l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della impugnata sentenza. Le spese seguono il principio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.



Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, rigetta l’appello, confermando la sentenza impugnata. Condanna la parte appellante al pagamento in favore della costituita amministrazione statale delle spese del grado, liquidandole in euro 3.000,00 (tremila). Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla autorità amministrativa.

Depositata in Segreteria il 4.2.2008

Redazione

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