Giustizia amministrativa: verso un Codice del processo amministrativo ?

Riceviamo e volentieri segnaliamo il testo, rivisto ed integrato, dell’intervento “La giustizia amministrativa: la strada già percorsa e gli ulteriori traguardi da raggiungere”, svolto dal Consigliere di Stato Roberto Garofoli al Seminario “Giustizia: tutto da rifare?”, tenutosi a Roma, il 2 e 3 settembre 2008.

Riportiamo quì di seguito il sommario e, in particolare, uno stralcio dell’ultimo paragrafo, a nostro avviso particolarmente significativo.

La versione integrale dell’articolo è disponibile sul sito web della rivista giuridica telematica “Nel Diritto.it”, al link http://www.neldiritto.it/appdottrina.asp?id=3251.

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SOMMARIO.

PARTE I – La strada percorsa.

1. Premessa. 2. La pienezza della tutela fornita dal G.A. 3. Il ruolo della giustizia amministrativa nell’attuale assetto e nei suoi rapporti con le altre giurisdizioni.

PARTE II – I traguardi da raggiungere.

4. La pienezza della tutela fornita dal G.A.: le riforme possibili. 4.1. Tutela risarcitoria. 4.1.1. Pregiudizialità. 4.2. Tutela ante causam: estensione. 4.3. Tutela di accertamento: estensione. 4.4. Gli accorgimenti “processuali” per una riduzione dei tempi del processo. 5. I rapporti con la giurisdizione ordinaria e la comunicabilità “processuale” tra le due giurisdizioni. 5.1. Il principio di concentrazione processuale quale parametro suppletivo di riparto della giurisdizione. 5.2. La disciplina legislativa della translatio iudicii. 6. Un Codice del processo amministrativo?

(…)

6. Un Codice del processo amministrativo?

(…)

Come è noto, diversamente dal processo civile e da quello penale, il processo amministrativo non ha un “codice”, la sua disciplina rinvendendosi in modo frammentato in alcune leggi fondamentali (l. n. 2248 del 1865, all. E di abolizione del contenzioso amministrativo; T.U. delle leggi sul processo davanti al Consiglio di Stato del 1924; regolamento di procedura davanti alle sezioni giurisdizionali del medesimo organo giurisdizionale, risalente al 1907; l. n. 205 del 2000); leggi la cui lettura va coordinata con previsioni contenute in leggi generali (si pensi alle leggi di riscrittura della l. n. 241 del 1990 e alle relative implicazioni processuali, al codice di procedura civile con tutti i dubbi che l’esatta delimitazione del suo ambito di concreta invocabilità innesca) e di settore (quelle che prevedono ipotesi di giurisdizione esclusiva, quella sui contratti pubblici, quelle che incidono sui termini di impugnazione o sulla competenza).

Alla pluralità delle fonti si accompagna (e spesso ne è conseguenza) una situazione di incertezza interpretativa ormai estesa ad innumerevoli profili (per citarne alcuni, il rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale, l’ambito di applicabilità del rito sul silenzio, i presupposti per la proposizione dei motivi aggiunti, il rito da osservare per l’appello avverso le decisioni di esecuzione delle sentenze di primo grado, l’onere di immediata impugnazione dei regolamenti e delle circolari, la tutela avverso la DIA, la legittimazione ad impugnare, i termini di appello delle ordinanze cautelari, di proposizione dei motivi aggiunti avverso i nuovi provvedimenti o ancora di proposizione del ricorso incidentale nelle ipotesi disciplinate dall’art. 23-bis della l. TAR).

Certo, la giurisprudenza amministrativa ha provato a colmare le numerose lacune ed imperfezioni del sistema legislativo. Come è noto, tuttavia, le opzione pretorie non sono munite della forza vincolante e della certezza propri della fonte di rango legislativo.

Quanto mai opportuno, allora, appare un intervento di organica riscrittura della disciplina del processo amministrativo che, in linea con i principi costituzionali e comunitari di riferimento, possa offrire quelle regole chiare e certe, requisito imprescindibile per una tutela effettiva.

Più di trenta anni fa, a proposito della legge istitutiva dei TAR, Sandulli auspicava – cogliendovi imperfezioni e incertezze- il “sollecito riordinamento unitario della materia”, individuando, quale strumento più appropriato a tal fine, quello della delega legislativa. Auspicava, in particolare, un processo di revisione della giustizia amministrativa volta a “ristrutturarla in termini più moderni, più pratici, più efficienti, sicché essa possa effettivamente rispondere – e con prontezza – a quella funzione garantistica, in mancanza del cui soddisfacimento lo Stato di diritto e la democrazia (le libertà e l’uguaglianza dei cittadini) non possono considerarsi realizzati in modo completo”.

Nella consapevolezza, come lo stesso Sandulli scriveva nel 1961, che “un sistema di giustizia amministrativa ben congegnato ed efficiente è una delle condizioni essenziali per l’esistenza di un reggimento politico libero, non potendo un regime di libertà esistere se non là dove l’azione della pubblica amministrazione sia governata dal principio della legalità, e dove l’osservanza di tale principio venga garantita da giudici indipendenti e forniti di strumenti adeguati…. Dove la giustizia nell’amministrazione non è completa e perfetta, la libertà e la democrazia non possono ancora considerarsi conquistate”.

Un disegno di legge contenente la delega per l’emanazione del codice del processo amministrativo potrebbe costituire allora, qualora le condizioni politiche lo consentano, uno strumento utile per una riflessione ed una riscrittura organica della disciplina vigente, improntata ai principi dai quali si è ritenuto di prendere le mosse: la pienezza e la satisfattività delle tecniche di tutela, la concentrazione processuale e l’immediatezza e rapidità della tutela conseguibile nel sistema di giustizia amministrativa.