Ricorso contro il bando … solo se si partecipa alla gara !

Impugnazione immediata dei bandi di gara solo se si partecipa. Lo ha appena stabilito la V sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza 102 del 2009.

La V sezione prende posizione sulla impugnazione immediata dei bandi di gara, osservando che il ricorso è da ritenere ammissibile solo se l’impresa interessata ha presentato rituale domanda di partecipazione alla gara e le clausole contestate definiscano in modo puntuale i requisiti
soggettivi di partecipazione, impedendo, in modo assoluto, la presenza
di determinati soggetti.

La mancata partecipazione al procedimento concorsuale
rende dunque inammissibile per carenza di interesse il ricorso contro le
clausole del bando di gara o contro gli esiti della selezione, anche
nell’ipotesi in cui costituisca oggetto di impugnazione la previsione
di requisiti di partecipazione di cui il ricorrente sia privo.

In questa prospettiva, sono da ritenere inammissibili le censure
direttamente riferite alle modalità di svolgimento della gara o alla
determinazione dei punteggi, non assumendo rilievo determinante
l’eventuale interesse strumentale (di mero fatto) al rifacimento della
gara.

La sezione da’ atto che la Corte di Giustizia
C.E., con decisione 12.2.2004 – C7230/02, è andata di diverso avviso, rilevando che, nell’ipotesi in cui un’impresa non abbia
presentato un’offerta a causa della presenza di specifiche che
asserisce discriminatorie nei documenti relativi al bando di gara o nel
disciplinare (le quali le avrebbero proprio impedito di essere in grado
di fornire l’insieme delle prestazioni richieste), essa avrebbe
tuttavia il diritto di presentare un ricorso direttamente avverso tali
specifiche, e ciò prima ancora che si concluda il procedimento di
aggiudicazione dell’appalto pubblico interessato.

Secondo i giudici comunitari, sarebbe eccessivo esigere che
un’impresa che asserisca di essere lesa da clausole discriminatorie
contenute nei documenti relativi al bando di gara, prima di poter
utilizzare le procedure di ricorso previste dalla direttiva 89/665
contro tali specifiche, presenti un’offerta nell’ambito del
procedimento di aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi, quando
persino le probabilità che le venga aggiudicato tale appalto sarebbero
nulle a causa dell’esistenza delle dette specifiche.

La V sezione del Consiglio di Stato osserva tuttavia che, anche aderendo a tale (non condiviso) orientamento le clausole da impugnare debbono essere tali da impedire assolutamente la fornitura
delle prestazioni richieste, esse cioè devono essere assolutamente irragionevoli, tali da non consentire una valida
formulazione dell’offerta, per essere da esse reso impossibile quel
calcolo di convenienza economica che ogni impresa deve essere in
condizione di poter effettuare all’atto di valutare se partecipare o
meno ad una gara pubblica; in tale ipotesi l’onere di immediata
impugnazione entro il termine decadenziale decorrente dalla loro
conoscenza viene giustificato per l’obiettivo ostacolo che una clausola
di tal genere pone alla formulazione dell’offerta sulla base di
elementi prevedibili e non assolutamente aleatori.

Con riguardo al caso in esame, il Collegio
ha concluso nel senso dell’irrilevanza della
eventuale adesione all’opinione della Corte di Giustizia, vista l’inammissibilità per
carenza di interesse strumentale sufficientemente concreto (potendo l’impresa in concreto presentare rituale domanda di partecipazione).

. . . . . . .

Consiglio di Stato, quinta sezione

Sentenza 14 gennaio 2009 numero 102

(presidente Frascione, estensore Lipari)

(…)

Fatto

1. La sentenza impugnata ha dichiarato inammissibile il ricorso e i motivi aggiunti proposti dall’attuale appellante per l’annullamento del bando di gara n. 17 del 2005, indetto dall’ l’A.T.A.C. s.p.a., AGENZIA TRASPORTI AUTOFERROTRAMVIARI del COMUNE di ROMA, avente ad oggetto l’affidamento per la durata di tre anni della gestione di una rete di trasporto pubblico di linea per 26,5 milioni di vetture/Km, pubblicato sulla G.U., foglio inserzioni, n. 189 del 16.8.2005.

2. L’appellante ripropone le censure disattese dalla sentenza impugnata, contestando la pronuncia di inammissibilità. Le altre parti resistono al gravame.

Diritto

1. La pronuncia di inammissibilità si basa sulla seguente motivazione.

2. “La lesione dell’interesse che legittima al ricorso deve essere caratterizzata dall’immediatezza, dalla concretezza e dall’attualità (deve, cioè, essere una conseguenza diretta ed immediata del provvedimento lesivo e dell’assetto di interessi con esso introdotto), deve essere concreta e non meramente potenziale e deve sussistere già al momento della proposizione del ricorso, nonché persistere sino al momento della decisione su di esso.

In tale prospettiva si rileva che la domanda giudiziale volta alla caducazione degli atti di una procedura concorsuale di cui si contesti la legittimità presuppone che l’attore qualifichi e differenzi il proprio interesse in termini di attualità e concretezza ex art. 100 cod. proc. civ. rispetto a quello della generalità dei consociati mediante la proposizione di una domanda di partecipazione alla gara o la formulazione della propria offerta; tanto comporta che l’interesse tutelato non può essere quello generico al rifacimento della gara, proprio di tutte le imprese rimaste estranee al procedimento, bensì quello specifico ad una partecipazione finalizzata all’ottenimento dell’aggiudicazione, cui possono aspirare soltanto i partecipanti alla gara medesima, anche attraverso l’eliminazione di clausole eventualmente lesive.

Al riguardo, la giurisprudenza amministrativa di primo e secondo grado è tuttora prevalentemente orientata nel senso che solo con la presentazione della domanda di partecipazione alla gara d’appalto l’impresa assume una situazione giuridica differenziata rispetto a quella delle altre ditte presenti sul mercato, ergendosi solo in tal caso essa a titolare di un interesse legittimo giudizialmente tutelato, che la abilita a sindacare la legittimità del bando di gara alla quale ha dimostrato in concreto di voler partecipare (cfr. fra le recenti, oltre a Cons. St., A.P. 29 gennaio 2003 n. 1, Cons. St., V Sez., 4 aprile 2004 n. 2705 e 23 agosto 2004 n. 5572).

Il Collegio condivide tale orientamento giurisprudenziale tenuto conto che i bandi di gara e le lettere di invito vanno di regola impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, dal momento che sono questi ultimi ad identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento ed a rendere attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva dell’interessato; a fronte della clausola illegittima del bando di gara o del concorso, il partecipante alla procedura concorsuale non è, di norma, ancora titolare di un interesse attuale all’impugnazione, dal momento che egli non sa ancora se l’astratta e potenziale illegittimità della predetta clausola si risolverà in un esito negativo della sua partecipazione alla procedura concorsuale, e quindi in una effettiva lesione della situazione soggettiva, che solo da tale esito può derivare.

2.1.1.- Nel caso che occupa con i primi sei motivi di ricorso è stata esercitata una iniziativa demolitoria alla radice della gara de qua, deducendo censure che ne minano la stessa indicibilità, esercitando l’evidente interesse strumentale ad un riesame di tutta la materia, con, annullata la gara de qua, ipotetica possibilità di futura partecipazione a nuova gara basata su diversi presupposti.

Infatti con il primo motivo di ricorso è stato dedotto che i servizi in questione sono resi all’A.T.A.C. e non all’utenza, con violazione dell’art. 18, comma III bis, del D.Lgs n. 422 del 1997, e con il secondo motivo è stato evidenziato che la delibera del C. C. di Roma n. 126 del 2004 sarebbe illegittima anche nella parte in cui ha confermato l’affidamento diretto alla Trambus s.p.a., con conseguente necessità di esperire le gare per l’affidamento concorsuale del complesso di servizi al pubblico cui parte ricorrente potrebbe partecipare. Con il terzo motivo è stata dedotta l’inapplicabilità alla materia del trasporto pubblico dell’art. 113, V c., lettera c), del D. leg.vo n. 267 del 2000, perché esso ha valenza residuale, e con il quarto motivo è stato sostenuto che sarebbe stato violato il principio di separazione e terzietà, tra l’ente locale che deve porre a gara una quota dei servizi ed il soggetto che per il momento li esercita. Con il quinto motivo è stato dedotto che l’A.T.A.C. s.p.a., pur non essendo una articolazione del Comune di Roma e nulla prevedendo le disposizioni in materia, sarebbe stata illegittimamente investita con la delibera n. 127 del 2004 dei compiti di regolare il servizio di T.P.L. e di indire le relative gare; con il sesto motivo è stato affermato che sia le delibere n. 126 del 2004 e n. 127 del 2004, che gli atti di gara, sarebbero illegittimi perché presuppongono la proroga dell’affidamento diretto alla Trambus s.p.a. che è invece scaduto.

Detti motivi sono, ad avviso del Collegio, da valutare inammissibili per carenza di interesse concreto diretto ed attuale, non avendo la società ricorrente concretamente partecipato alla procedura di aggiudicazione della gara d’appalto, facendo valere un futuro ed eventuale interesse strumentale alla rinnovazione della procedura, con difetto di interesse ad agire non avendo dimostrato quel grado minimo di concretezza delle proprie aspettative giuridiche e della propria posizione legittimante, in funzione del futuro accesso alla procedura concorsuale eventualmente conseguente alla rimozione dell’impugnata gara.

La tutela di un interesse strumentale deve infatti aderire in modo rigoroso all’oggetto del giudizio con carattere diretto ed attuale (T.A.R. Lazio, sez. II, 6 settembre 2005, n. 6582) e, in caso di impugnazione di una gara, deve essere suffragato dalla dimostrazione della sussistenza di concrete aspettative a ché sia rimessa in giuoco, con l’intera procedura, anche la possibilità di concorrere al conferimento del bene della vita cui aspira, con soddisfazione dell’interesse del richiedente se il provvedimento giudiziale richiesto comporti per l’Amministrazione l’obbligo di riesaminare la situazione controversa e di adottare altri provvedimenti idonei a garantire un determinato risultato favorevole (Cons.giust.amm. Sicilia, sez. giurisd., 5 settembre 2005, n. 592).

Nel caso che occupa non è stata, invero, data sufficiente dimostrazione della concreta possibilità che, a seguito dell’accoglimento di almeno uno dei sopra citati motivi, l’Amministrazione intimata adotti provvedimenti comportanti ipotetica soddisfazione dell’interesse di parte ricorrente a svolgere il servizio de quo, considerato che è contestata la stessa possibilità di indizione della gara con le procedure seguite, con insussistenza di dimostrazione della concreta e sufficientemente possibile esistenza di nuova chance di partecipazione e di vittoria.

L’ interesse strumentale alla rinnovazione della gara di appalto, da parte di una società, sussiste, infatti, solo quando non vi siano motivi per escludere che detta società possa risultare aggiudicataria della nuova gara, ma non, come nel caso che occupa, quando non è certo se, a seguito dell’accoglimento del ricorso la gara sarà nuovamente esperita o meno.

2.1.2.- Con riferimento al terzo dei primi motivi aggiunti (con cui è stato dedotto che l’intervenuta aggiudicazione proverebbe lo sviamento che inficia la delibera del C.C. di Roma n. 126 del 15.7.2004, avente ad oggetto la riorganizzazione del servizio pubblico locale ex art. 113, V c., lett. c, della L. n. 326 del 2003, atteso che non è stato riorganizzato alcunché, essendo stato confermato il servizio esistente in gestione diretta alla Trambus s.p.a. ed essendo stati unificati i tre lotti in cui era a suo tempo diviso il servizio in concessione, affidandolo alla S.I.T.A. s.p.a., che già li gestiva), nonché ai secondi motivi aggiunti, nella parte in cui richiamano i primi sei motivi di ricorso, il Collegio non può che rilevarne la inammissibilità, oltre che per inammissibilità del ricorso principale, per carenza di interesse strumentale sufficientemente dimostrato.

2.1.3.- Con gli ulteriori motivi di ricorso, nonché con il primo, il secondo ed il quarto dei primi motivi aggiunti e con parte dei secondi motivi aggiunti, è stata censurata la legittimità di numerose clausole della gara de qua.

Al riguardo deve preliminarmente essere osservato che è pacifico tra le parti che la ricorrente non ha presentato domanda di partecipazione alla gara stessa, sicché sulla base del condiviso orientamento giurisprudenziale sopra indicato, il ricorso, con riguardo a dette censure, deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse e di legittimazione attiva, cosi come i motivi ad esso aggiunti.

Aggiungasi che la mancata partecipazione al procedimento concorsuale rende inammissibile per carenza di interesse il ricorso contro le clausole del bando di gara o contro gli esiti della selezione, anche nell’ipotesi in cui costituisca oggetto di impugnazione la previsione di requisiti di partecipazione di cui il ricorrente sia privo, in quanto l’eventuale annullamento delle clausole del bando relative a tali requisiti, non rimetterebbe il ricorrente in termini per proporre la domanda di partecipazione originariamente non presentata (T.A.R. Sardegna, 11 giugno 2003, n. 737).

2.1.4.- Ritiene il Collegio che il ricorso ed i motivi aggiunti siano da ritenere inammissibili, nelle parti in cui censurano la legittimità di clausole della gara, anche se si aderisse ad un ulteriore e minoritario orientamento giurisprudenziale formatosi con riguardo alla legittimazione attiva di società che impugnino una gara cui non abbiano partecipato e che a detta prevalente (e condivisa dal Collegio) impostazione della giurisprudenza in materia si è contrapposto.

Sulla base della riflessione che il bando di gara o la lettera di invito, normalmente impugnabili con l’atto applicativo (conclusivo del procedimento concorsuale) devono essere immediatamente impugnati allorché contengano clausole impeditive dell’ammissione dell’interessato alla selezione, la giurisprudenza ha invero tradizionalmente considerato come idonee a ledere immediatamente l’interesse all’aggiudicazione le clausole “escludenti”, preclusive della partecipazione alla gara dei soggetti sforniti dei requisiti soggettivi richiesti.

Tali clausole riguardano direttamente ed immediatamente gli aspiranti concorrenti, e non le loro offerte o le ulteriori attività connesse allo svolgimento della gara, ed identificano immediatamente i soggetti che, in quanto privi dei requisiti richiesti, sono concretamente incisi dalle stesse. Solo questi ultimi, infatti, attraverso un’autovalutazione relativa al possesso o meno dei requisiti, sono in grado di percepire autonomamente la valenza lesiva diretta ed attuale che la clausola possiede nei confronti del proprio interesse all’aggiudicazione, con possibilità di impugnazione del bando, nei termini di legge, senza necessità di presentazione della domanda di partecipazione alla gara.

E’ fatto quindi riferimento ad una situazione preesistente al bando (relativa alla sfera giuridica personale dell’aspirante concorrente e del tutto indipendente dal successivo svolgimento della procedura) cui è ricollegato un effetto giuridico diretto, consistente nell’impossibilità di prender parte alla gara o alla procedura concorsuale, ovvero, nel caso in cui nonostante ciò la domanda di partecipazione venga presentata, nel vincolo imposto all’Amministrazione procedente di emanare nei confronti del soggetto privo dei requisiti un provvedimento di esclusione.

Di detto indirizzo sin qui obiettivamente minoritario costituiscono significativa espressione per quanto riguarda il Consiglio di Stato (oltre alla decisione della V Sezione 20 settembre 2001 n. 4970, in realtà relativa al caso peculiare dell’aggiudicatario di gara annullata che ne impugni la riedizione senza parteciparvi) in particolare le decisioni della VI Sezione 24 maggio 2004 n. 3386 e della V Sezione 14 febbraio 2003 n. 794, nonché il parere della II Sezione 7 marzo 2001 n. 149.

A sostegno di tale indirizzo è stato rilevato da un lato che qualora il ricorrente risulti leso, in quanto la partecipazione alla procedura è preclusa dallo stesso bando, sussiste l’interesse a gravare la relativa determinazione, a prescindere dalla mancata presentazione della domanda, posto che l’impugnante ha proprio interesse a impedire lo svolgimento della procedura selettiva (Cons. St., V Sezione, n. 794 del 2003 cit.); dall’altro che in presenza di una clausola preclusiva la presentazione della domanda si risolve in un adempimento formale che sarà inevitabilmente seguito da un atto di estromissione, con un risultato analogo a quello di un’originaria preclusione e perciò privo di una effettiva utilità pratica ulteriore (Cons. St., Parere n. 149 del 2001, cit.).

Nella stessa prospettiva – sia pure con riferimento a pubblico concorso – è stato rilevato sul piano sistematico che la domanda di partecipazione formale non costituisce in realtà elemento che diversifica e qualifica la posizione di un soggetto rispetto a quella di tutti gli altri soggetti potenzialmente lesi (dei quali non è dato sapere se abbiano o meno un concreto interesse a partecipare alla procedura) e che la legittimazione del ricorrente, in termini di qualificazione e differenziazione, più che al dato meramente formale dell’istanza di partecipazione, deve riconnettersi al possesso di tutti gli altri requisiti previsti dal bando (cfr. Cons. St., Sez. VI 20 ottobre 2003 n. 6429)

Inoltre con decisione 12.2.2004 – C7230/02 la Corte di Giustizia C.E. ha rilevato che, nell’ipotesi in cui un’impresa non abbia presentato un’offerta a causa della presenza di specifiche che asserisce discriminatorie nei documenti relativi al bando di gara o nel disciplinare (le quali le avrebbero proprio impedito di essere in grado di fornire l’insieme delle prestazioni richieste), essa avrebbe tuttavia il diritto di presentare un ricorso direttamente avverso tali specifiche, e ciò prima ancora che si concluda il procedimento di aggiudicazione dell’appalto pubblico interessato.

Infatti, secondo la Corte, sarebbe eccessivo esigere che un’impresa che asserisca di essere lesa da clausole discriminatorie contenute nei documenti relativi al bando di gara, prima di poter utilizzare le procedure di ricorso previste dalla direttiva 89/665 contro tali specifiche, presenti un’offerta nell’ambito del procedimento di aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi, quando persino le probabilità che le venga aggiudicato tale appalto sarebbero nulle a causa dell’esistenza delle dette specifiche.

Da dette argomentazioni (delle quali hanno preso atto tra l’altro il Consiglio di Stato, V Sez., con decisione 11 novembre 2004 n. 7341, e VI Sez., con ordinanza 21 dicembre 2004 n. 6110) deriva che non sarebbe più sostenibile l’esigenza della presentazione della domanda di partecipazione nell’ipotesi in cui le prescrizioni di un bando di gara comunitaria siano in modo assoluto preclusive della partecipazione a determinati soggetti, aventi in astratto titolo a parteciparvi.

In conclusione qualora la partecipazione ad una procedura di gara risulti preclusa dallo stesso bando, sussiste, secondo detta più innovativa giurisprudenza, l’interesse a gravare la relativa determinazione – a prescindere dalla mancata presentazione della domanda – posto che l’impugnante ha proprio interesse ad impedire lo svolgimento della procedura selettiva (Consiglio Stato, sez. IV, 14 giugno 2005, n. 3113).

In proposito è stato di recente ulteriormente precisato che se è vero che in virtù di un principio generale il soggetto che non ha presentato domanda di partecipazione alla procedura per l’aggiudicazione di un appalto non ha interesse ad impugnare gli atti di gara, è altresì vero che l’interesse all’impugnativa va valutato in concreto; pertanto, qualora il ricorrente risulti leso in quanto la partecipazione alla procedura è preclusa dallo stesso bando, sussiste l’interesse a gravare la relativa determinazione – a prescindere dalla mancata presentazione della domanda – posto che l’impugnante ha proprio interesse ad impedire lo svolgimento della procedura selettiva (Consiglio Stato, sez. V, 14 febbraio 2003, n. 794; T.A.R. Puglia Lecce, sez. II, 3 agosto 2005, n. 3943)

La tesi non può essere, ovviamente, che intesa nel senso che dette clausole debbano essere tali da impedire assolutamente la fornitura delle prestazioni richieste.

Aggiungasi che l’esercizio del potere discrezionale della P.A. di fissare i requisiti di partecipazione alla singola gara, rigorosi e superiori rispetto a quelli previsti dalla legge, costituisce in realtà precipua attuazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, predicati dall’art. 97, cost. e si sostanzia quindi nel potere-dovere assegnato all’amministrazione di apprestare (proprio attraverso la specifica individuazione dei requisiti di ammissione e di partecipazione ad una gara) gli strumenti e le misure più adeguati, opportuni, congrui, efficienti ed efficaci ai fini del corretto ed effettivo perseguimento dell’interesse pubblico concreto, oggetto dell’appalto da affidare: le scelte così operate dall’amministrazione aggiudicatrice, ampiamente discrezionali, impingono nel merito dell’azione amministrativa e si sottraggono, pertanto, al sindacato del giudice amministrativo, salvo che non siano “ictu oculi” manifestamente irragionevoli, irrazionali, arbitrarie, sproporzionate, illogiche e contraddittorie (Consiglio Stato, sez. IV, 22 ottobre 2004, n. 6967).

Osserva in conclusione il Collegio, che, anche aderendo a tale, più permissivo, orientamento giurisprudenziale che intende consentire l’immediata impugnazione, a prescindere dalla presentazione della domanda di partecipazione alla gara, di clausole del bando, ciò deve ritenersi consentito solo quando esse sia evidente che sono assolutamente irragionevoli, tali da non consentire una valida formulazione dell’offerta, per essere da esse reso impossibile quel calcolo di convenienza economica che ogni impresa deve essere in condizione di poter effettuare all’atto di valutare se partecipare o meno ad una gara pubblica; in tale ipotesi l’onere di immediata impugnazione entro il termine decadenziale decorrente dalla loro conoscenza viene giustificato per l’obiettivo ostacolo che una clausola di tal genere pone alla formulazione dell’offerta sulla base di elementi prevedibili e non assolutamente aleatori (Cons. St., Sez. V, 11 gennaio 1999, n. 1757).

2.1.4.1.- Con riguardo al caso in esame, evidenzia il Collegio, con riferimento ai primi sei motivi di ricorso, la irrilevanza della eventuale adesione a detto innovativo orientamento giurisprudenziale, per quanto in precedenza asserito circa la loro inammissibilità per carenza di interesse strumentale sufficientemente concreto.

2.1.4.2.- Con riferimento agli ulteriori motivi di ricorso il Tribunale ritiene che, comunque, le clausole con essi impugnate non siano tanto manifestamente irragionevoli da giustificare la impugnazione del bando e della gara de qua, in assenza di domanda di partecipazione alla stessa, anche nella non condivisa ipotesi che possa aderirsi al più permissivo orientamento giurisprudenziale prima evidenziato.

2.1.4.2.1.- Con il settimo motivo è stata dedotta la illegittimità delle disposizioni del punto 11, lettera A), del bando laddove stabiliscono che l’impresa mandataria di un’A.T.I. possegga da sola almeno il 50 % dei requisiti previsti al n. 12 (A1) del bando stesso, relativo al fatturato precedentemente realizzato e al n. 12 (A3), relativo alla spesa per il personale precedentemente sostenuta, essendo la previsione contrastante con l’art. 23, XII c. del D.Lgs. n. 152 del 1995, che non prevede alcun limite per l’impresa mandataria, e non essendo sorretta da alcuna esigenza obiettiva. Poiché nulla proibisce che l’A.T.I. abbia forma orizzontale non ci sarebbero ragioni perché l’art. 11, lettera A), del bando non abbia stabilito la frazionabilità del requisito di cui al n. 12 (A2), di aver svolto nel triennio precedente un servizio di trasporto urbano su gomma in Comuni con più di 150.000 abitanti e per almeno 30 milioni di chilometri.

Osserva in proposito il Collegio che la propria indagine deve essere orientata non tanto a sindacare la scelta della P.A. in se e per se considerata, non potendo essere escluso il potere della P. A. di esercitare una siffatta opzione sulla base di scelte di merito amministrativo, quanto piuttosto se le scelte stesse presentino profili di irrazionalità od illogicità rispetto alla tipologia dell’oggetto dell’appalto da affidare.

In altri termini, deve essere verificata la coerenza della scelta operata con effettive esigenze di pubblico interesse, che in quanto tali sono destinate a prevalere sull’altrettanto rilevante principio della massima partecipazione alla gare di appalti pubblici.

Ritiene il Collegio, con specifico riferimento al caso di specie, che la pretesa dimostrazione dello svolgimento di servizi simili a quelli oggetto di appalto sia immune dalle dedotte censure, non concretizzando un mero ed ingiustificato detrimento della concorrenza tra le imprese, ma essendo invece sorretto da un rilevante interesse pubblico.

Ed invero, il ricorso nel caso di specie a criteri restrittivi nella individuazione della capacità tecnica risponde alla esigenza, oggettivamente apprezzabile, di assegnare l’appalto a ditta idonea ed affidabile in relazione alla peculiarità dello stesso.

Alla luce di queste ultime considerazioni non vi sono margini per ravvedere elementi di incongruità od irragionevolezza nell’impugnata clausola del bando nella parte in cui circoscrive i requisiti di partecipazione alla gara alle sole imprese, ivi comprese tutte quelle facenti parte di un raggruppamento temporaneo, che abbiano consolidato una specifica esperienza nel settore de quo, rispondendo, invece, la detta prescrizione ad un interesse pubblico meritevole di apprezzamento per la sua rilevanza (T.A.R. Lazio, sez. I bis, 28 settembre 2005, n. 7581).

E’ quindi assolutamente razionale e anche doveroso il richiamo nel disciplinare di gara alla doverosa attestazione a pena di esclusione, dell’esecuzione nel triennio precedente di servizi di natura analoga a quelli oggetto di appalto (Consiglio Stato, sez. V, 17 aprile 2002, n. 2021), stante, peraltro la comunque sussistenza di un certo numero di imprese nel complesso esistenti che possano vantare requisiti come quelli di cui trattasi, tenuto anche conto che proprio la possibilità che le imprese hanno di associarsi in A.T.I. dimostra che le pretese sopra riportate non sono assolutamente irragionevoli.

Identica considerazione può essere effettuata con riferimento alle ulteriori censure, di cui al motivo in esame, che il bando, al n. 12 (A1), prevede un requisito di fatturato di 180 milioni complessivi irragionevolmente elevato e che, al punto 12 (A2), laddove stabilisce la consistenza delle pregresse attività in materia di T.P.L., sarebbe innanzi tutto irragionevolmente elevato (la soglia minima di 30 milioni di chilometri è superiore alla percorrenza prevista per i servizi oggetto di gara) e non frazionabile; poi ingiustificatamente individuerebbe come necessario il requisito del solo trasporto urbano (e non di quello extraurbano) in Comuni con oltre 150.000 abitanti.

Al riguardo, infatti deve essere osservato che non è irrazionale la pretesa di attestazione, a pena di esclusione, dell’esecuzione, nel triennio precedente, di servizi di natura analoga a quelli oggetto di appalto per un ammontare non inferiore all’ importo del contratto da stipulare (Consiglio Stato, sez. V, 17 aprile 2002, n. 2021), in quanto essa deve ritenersi congruamente proporzionata al valore dell’appalto, anche alla stregua dell’esigenza garantistica della necessaria solidità dell’impresa aspirante alla fornitura del servizio e quindi dettata non da finalità discriminatorie o per precostituire situazioni di assoluto privilegio in favore di pochi soggetti, ma dal ragionevole intento di restringere allo stretto indispensabile la platea dei potenziali concorrenti, al fine di assicurare alla stazione appaltante una controparte affidabile (T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 14 novembre 2002, n. 4957).

Non appare inoltre manifestamente irragionevole al Collegio lo stesso requisito – punto 12 (a2) del bando – di aver svolto in precedenza servizi di TPL, non caratterizzandosi quelli oggetto della gara come servizi al pubblico di trasporto, atteso che comunque il concreto servizio da svolgere consiste nell’effettuare trasporti con mezzi pubblici.

Con riferimento al valore della gara de qua non appare poi il requisito – punto 12 (a3) del bando – che impone l’aver sostenuto nel triennio precedente un costo per personale dipendente pari ad almeno 60 milioni di euro, irragionevolmente elevato, a nulla valendo che scopo della gara è l’aggiudicazione alla impresa più efficiente (e l’aver risparmiato su costi di tal fatta sarebbe da considerare invece con favore), sia perché dovrà essere utilizzato il personale già destinatola servizio in questione dall’A.T.A.C.; ciò atteso che comunque l’aver sostenuto alti costi denota esperienza e affidabilità in materia.

La previsione – di cui al punto 8.11 del Capitolato tecnico – della disponibilità di almeno due rimesse (ciascuna delle quali in grado di ospitare almeno 100 autobus, di superficie non inferiore a 15.000 mq e con rapporto superficie coperta/scoperta non inferiore al 10 %) non appare poi al Collegio contrastare con l’obiettivo dichiarato della gara di ridurre percorrenze a vuoto, né appare eccessiva ed irrazionale rispetto alla necessità di rimessaggio con riguardo al rapporto suddetto ed alla previsione che è sufficiente che dette strutture siano possedute da uno solo dei partecipanti all’A.T.I.; ciò considerato che l’art. 12 a 5 del bando prevede che deve essere prodotta una dichiarazione di disponibilità di dette strutture “in caso di aggiudicazione della gara”, con non a priori insussistente possibilità di acquisire la disponibilità stessa da chi ne sia titolare e non ne abbia più bisogno per aggiudicazione del servizio di cui trattasi ad altra impresa o A.T.I..

Neppure la previsione appare discriminatoria, pur se corrispondono dette caratteristiche con quelle delle rimesse di cui dispone la S.I.T.A. s.p.a., affidatario uscente, essendo previsto nel Capitolato tecnico che esse debbano essere messe a disposizione nell’ambito del “territorio del Comune di Roma”, che comprende anche periferie e in cui comunque non è stato sufficientemente provato che fossero assolutamente inesistenti strutture simili.

2.1.4.2.2.- Con l’ottavo motivo di ricorso è stato dedotto che irrazionalmente l’elemento della previsione di aumenti di produzione, migliorativa dell’esecuzione del servizio, non sarebbe stato incluso tra quelli su cui verte la valutazione dell’offerta e non darebbe luogo (cap. tecnico n. 5, IV c.) a riconoscimenti. I sistemi di valutazione dei vari elementi dell’offerta tecnica sarebbero poi disomogenei perché per alcuni di essi si farebbe ricorso, peraltro con criteri totalmente generici o non indicati, al sistema del confronto a coppie e per altri a formule matematiche, senza giustificazioni dovute a differenze degli elementi da valutare, tanto che proposte da valutare in base ad elementi obiettivi sarebbero apprezzate con il criterio del confronto a coppie ed altre, da valutare in base ad elementi soggettivi, sarebbero apprezzate in base ad algoritmi algebrici. Inoltre tra i criteri ed elementi di valutazione si evidenzierebbe la irrealizzabilità della riduzione dei livelli di inquinamento e l’utilizzo di autobus a basso impatto ambientale (essendo i mezzi quelli forniti dall’A.T.A.C. ed essendo fissi i percorsi), la illogicità della valutazione della consistenza dei dirigenti e dei quadri senza far riferimento alle maestranze (peraltro fornite dall’A.T.A.C., con dubbi sulla sussistenza di interposizione reale di manodopera) e la violazione dell’art. 22 della L. R. n. 30 del 1998 (che in caso di assorbimento di personale prevede la indicazione del relativo costo totale). Inoltre per gli elementi di cui ai punti da 4.1. a 4.3 i criteri di valutazione sarebbero indicati in maniera generica o non sarebbero indicati affatto; in particolare con riferimento alle modalità di valutazione del programma di manutenzione come migliorativo, alla valutazione della consistenza ed esperienza del personale dirigenziale e dei quadri, all’oggetto ed agli obbiettivi del progetto di riqualificazione del personale, ai parametri di valutazione ed all’oggetto degli interventi di riduzione dell’inquinamento e di utilizzo di carburanti alternativi. Infine le formule algebriche da utilizzare per le valutazioni fondate su algoritmi matematici farebbero riferimento a percentuali decrescenti rispetto a quella dell’offerta migliore senza indicazione dei criteri per individuare tale offerta.

Ritiene il Collegio che le censure sopra descritte non possano comunque denotare un grado di assoluta irragionevolezza tale da giustificare la mancata partecipazione della ricorrente alla gara de qua, attenendo ad elementi valutativi che avrebbero potuto essere impugnati, se illegittimi, all’esito dell’eventuale negativa conclusione della procedura per la ricorrente.

2.1.4.2.3.- Quanto in precedenza rilevato può dedursi anche con riferimento alle censure contenute nei primi e nei secondi motivi aggiunti al ricorso con specifico riferimento alle clausole del bando (per illegittimità derivata), che sono comunque inammissibili per inammissibilità del ricorso principale.”

3. L’appello, che contesta l’ampia motivazione di inammissibilità del tribunale, è infondato.

4. Il Collegio ritiene di aderire, infatti, all’orientamento interpretativo secondo cui l’impugnazione immediata delle clausole del bando è ammissibile solo in presenza di due condizioni concorrenti:

* l’impresa interessata ha presentato rituale domanda di partecipazione alla gara;

* le clausole contestate definiscono in modo puntuale i requisiti soggettivi di partecipazione, impedendo, in modo assoluto, la presenza di determinati soggetti.

5. In questa prospettiva, sono certamente inammissibili le censure direttamente riferite alle modalità di svolgimento della gara o alla determinazione dei punteggi, non assumendo rilievo determinante l’eventuale interesse strumentale (di mero fatto) al rifacimento della gara.

6. Ma sono inammissibili anche le censure riguardanti la disponibilità di rimesse e strutture logistiche per una superficie di almeno 15.000 metri quadrati. Infatti, la clausola non impedisce, a priori, che il soggetto possa procurarsi la disponibilità dei mezzi, richiesta dal bando: non è, pertanto, una clausola assolutamente escludente.

Questa considerazione non implica affatto un giudizio di legittimità della contestata clausola del bando, né significa che l’interessato avesse l’onere di acquisire i prescritti requisiti, prima di presentare la domanda di partecipazione.

7. Per le stesse ragioni, poi, sono inammissibili le censure riguardanti l’immediata impugnazione delle altre clausole del bando, indicate nella sentenza di primo grado. Esse riguardano elementi dell’offerta slegati da una condizione soggettiva dell’impresa che aspira a partecipare alla gara.

8. In definitiva, quindi, l’appello deve essere respinto.

Le spese possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello, compensando le spese;

ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20 giugno 2008, con l’intervento di:
Emidio Frascione – Presidente
Filoreto D’Agostino – Consigliere
Claudio Marchitiello – Consigliere
Marco Lipari – Consigliere Estensore
Francesco Caringella – Consigliere

Depositata in segreteria il 14 gennaio 2009

Redazione

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