Il decreto legislativo 11 febbraio
1998 n. 32 ha introdotto rilevanti elementi di liberalizzazione del
settore, prevedendo che i Comuni individuino criteri, requisiti e
caratteristiche delle aree sulle quali possono essere installati gli
impianti e che, ove i Comuni risultino inadempienti siano le Regioni
entro centoventi giorni a provvedere in via sostitutiva.
La L.R. n. 27/1994 deve dunque ritenersi abrogata, con esclusione di qualsiasi
ultrattività, in seguito all’entrata in vigore del D.Lgs. 11 febbraio
1998 n. 32, come modificato dal D.Lgs. 8 settembre 1999 n. 346, considerato altresì che, ai sensi dell’art. 2 L.R.
n. 27/1994, “il piano (di razionalizzazione carburanti), ha la durata
di cinque anni, che decorrono dalla data di entrata in vigore della
presente legge”, termine già abbondantemente scaduto.
Il comma 2 bis
del d.lgs. 11 febbraio 1998 n. 32 prevede che ove le Regioni non
facciano uso del loro potere sostitutivo, ferma restando
l’autorizzazione per l’installazione di impianti di distribuzione di
carburanti, già tacitamente assentita, si considera contestualmente
rilasciata anche la concessione edilizia, ove il progetto sia conforme
agli strumenti urbanistici vigenti e sia stato asseverato da apposita
perizia giurata e su di essa l’organo competente non si pronunciato
entro il termine di novanta giorni dalla proposizione della domanda. Il
che dimostra che, anche in assenza dell’intervento sostitutivo
regionale di cui al comma 2, il legislatore ha previsto che il
meccanismo autorizzatorio da un lato e concessorio dall’altro, per
quanto concerne la concessione edilizia (rectius permesso di
costruire), debba comunque andare avanti, senza che il mancato
esercizio dei poteri conferiti agli Enti pubblici territoriali preposti
possa provocare un impasse nei due procedimenti connessi.
. . . . . .
Tar Campania, Napoli, III sezione
Sentenza numero 19250 del 4 novembre 2008
(presidente De Maio, relatore Loria)
(…)
Diritto
Il Collegio, alla luce della ritenuta infondatezza del ricorso, considera superate le eccezioni di inammissibilità per tardività e per carenza di interesse sollevate dalla resistente amministrazione comunale e dalla contro interessata, che, pertanto, per ragioni di economia processuale, omette di trattare.
1) Con il I motivo, la ricorrente si duole del fatto che sia l’autorizzazione petrolifera, sia quella ambientale sia la proroga dell’autorizzazione amministrativa risultano rilasciate dal Sindaco in violazione dell’articolo 107 del d.lgs. 267/2000 e dell’art. 5 del T.U. Edilizia, D.P.R. 380/2001. Con i motivi aggiunti la ricorrente, articola la deduzione rilevando che l’ipotesi in questione non può essere fatta rientrare nella fattispecie di cui all’articolo 53 comma 23 della legge 23.12.2000 n. 388.
1.2) Il motivo è infondato. Giova, in primo luogo, citare l’art. 53 comma 23 legge cit. come modificato dalla dall’art. 29 comma 4 della legge 28.12.2001 n. 448: “Gli enti locali con popolazione inferiore a cinquemila abitanti fatta salva l’ipotesi di cui all’articolo 97, comma 4, lettera d), del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, anche al fine di operare un contenimento della spesa, possono adottare disposizioni regolamentari organizzative, se necessario anche in deroga a quanto disposto all’articolo 3, commi 2, 3 e 4, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, e all’articolo 107 del predetto testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, attribuendo ai componenti dell’organo esecutivo la responsabilità degli uffici e dei servizi ed il potere di adottare atti anche di natura tecnica gestionale. Il contenimento della spesa deve essere documentato ogni anno, con apposita deliberazione, in sede di approvazione del bilancio”.
Non vi è dubbio che il Comune in questione rientri tra quelli aventi popolazione inferiore ai 5000 abitanti (come asserito espressamente nella deliberazione n. 82/2002) e che quindi nella sua organizzazione possa trovare applicazione la citata disposizione. Tale, infatti, è stata in concreto la scelta dell’Amministrazione comunale, che con decreto del Sindaco in data 7 giugno 2002 prot. n. 2980, ha dapprima revocato i precedenti decreti con i quali erano state attribuite ai diversi Settori amministrativi le competenze relative all’emanazione di taluni atti, e quindi con la deliberazione n. 82 in data 10/06/2002 affidato ai componenti della Giunta la responsabilità degli Uffici e dei Servizi e l titolarità dell’approvazione degli atti di gestione.
La motivazione della deliberazione citata è testualmente quella di realizzare un “congruo risparmio di spesa quantificabile nell’ordine di 25.000 euro” “viste anche le difficoltà del bilancio comunale”, per cui la delibera appare conforme alla disposizione di legge sopra citata quanto a presupposti e motivazione.
Si soggiunge inoltre che il decreto legislativo 11.02.1998 n. 32 “razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti, a norma dell’art. 4 comma 4, lettera c) della legge 15 marzo 1997 n. 59″ ha previsto una ne precisa competenza sindacale nell’annullamento del silenzio assenso illegittimamente formatosi sulla domanda di autorizzazione, dal che si desume che nella peculiare disciplina di settore permane la competenza degli organi di governo comunali anche per gli atti di gestione.
2.) Con il motivo n. 2 la ricorrente si duole del fatto che attraverso i provvedimenti impugnati, con i quali è stata concessa alla contro interessata la possibilità di installare il nuovo impianto di carburanti, sarebbe stato violato il limite numerico previsto per il territorio in questione dalla programmazione regionale, di cui all’allegato 2, Tabella B) alla legge regionale 27/1994.
Tale programmazione regionale sarebbe ancora vigente almeno fino alla emanazione di una nuova programmazione regionale.
In punto di fatto, esistevano già due concessioni rilasciate per impianti di carburanti all’interno del Comune di Faicchio, una concessa alla stessa ricorrente e l’altra alla Ditta Onofrio Alfonso sotto i colori della IP, per cui la terza concessione appare essere fuori dalla programmazione regionale, per cui la terza concessione appare essere fuori dalla programmazione regionale.
2.1.) Occorre in primo luogo effettuare una disamina del quadro normativo di riferimento.
In primo luogo, a livello statale, il decreto legislativo 11 febbraio 1998 n. 32 ha introdotto rilevanti elementi di liberalizzazione del settore, prevedendo che i Comuni individuino criteri, requisiti e caratteristiche delle aree sulle quali possono essere installati gli impianti e che, ove i Comuni risultino inadempienti siano le Regioni entro centoventi giorni a provvedere in via sostitutiva. La Regione Campania ha adempiuto a tale obbligo con la delibera della Giunta Regionale n. 8835 del 30.12.1999, in cui ha compiutamente disciplinato i molteplici aspetti della materia, oltre che con l’emanazione di una nuova Legge regionale, la n. 6 del 29 marzo 2006.
Sostanzialmente, quindi, e come già rilevato dal Giudice Amministrativo la L.R. n. 27/1994 deve ritenersi abrogata, con esclusione di qualsiasi ultrattività, in seguito all’entrata in vigore del D.Lgs. 11 febbraio 1998 n. 32, come modificato dal D.Lgs. 8 settembre 1999 n. 346 (cfr. T.A.R. Campania, sede di Salerno, sent. n. 203 del 12.3.2003; sent. n. 592 del 3.05.2006) e considerato altresì che, ai sensi dell’art. 2 L.R. n. 27/1994, “il piano (di razionalizzazione carburanti), ha la durata di cinque anni, che decorrono dalla data di entrata in vigore della presente legge” e che tale termine era già abbondantemente scaduto al momento del rilascio dei provvedimenti impugnati con il ricorso in epigrafe.
A dimostrazione del superamento definitivo della disciplina regionale di cui alla legge 27/1994 vi è, poi, la circostanza che essa, per quanto concerne l’aspetto urbanistico, è stata formalmente abrogata dalla successiva L.R. Campania 29.3.2006 n. 6, il cui art. 16, comma 3, prescrive che “per i comuni che alla data di entrata in vigore della presente legge non hanno fissato criteri, requisiti e caratteristiche delle aree ai sensi del decreto legislativo n. 32/98, articoli 2, commi 1 e 2, si applicano, senza ulteriori atti di recepimento, le norme della presente legge”.
In merito all’argomento utilizzato dal ricorrente, relativo alla ultrattività della Tabella B allegata alla Legge regionale abrogata (fino all’emanazione del regolamento ai sensi dell’articolo 30 della l.r. n. 6 del 28 marzo 2006), deve, inoltre rilevarsi come la tabella distinguesse tra il numero di concessioni attuali (3) e il numero di concessioni previste dal piano (2), dimodochè la concessione (rectius autorizzazione) rilasciata alla controinteressata è di fatto un’autorizzazione volturata, in quanto non più utilizzata a seguito di una precedente revoca.
La situazione fattuale, pertanto, non è mutata con il rilascio alla contro interessata dei provvedimenti impugnati, in relazione al fatto che l’Amministrazione comunale resistente non si è comunque discostata da quanto rappresentato nella Tabella B per quanto concerne la voltura dell’autorizzazione già esistente; a ciò si aggiunga che la citata Tabella appare comunque ancorata al previgente sistema normativo basato sulla concessione e che è destinato ad essere superato dal nuovo sistema programmatorio fondato sui diversi istituti dell’autorizzazione e sul silenzio-assenso.
3.) Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’articolo 1 comma 2 del d.lgs. 32/1998, in quanto l’Amministrazione comunale ha rilasciato alla ricorrente in due momenti diversi la concessione edilizia (27.12.2002) e l’autorizzazione petrolifera (4.2.2003), con ciò omettendo la formale comparazione delle due autorizzazioni in modo tale che le stesse siano compatibili e rispettino ambedue la normativa in materia.
3.1.) La censura non può trovare accoglimento atteso che la disposizione normativa di riferimento si limita ad affermare che “insieme all’autorizzazione il comune rilascia le concessioni edilizie necessarie ai sensi dell’articolo 2.” Dal chiaro dettato normativo non si ricava il fatto che la mancanza di contestualità dei due provvedimenti determini la loro illegittimità. Infatti, essi sono indubbiamente connessi, ma non necessariamente contestuali e soprattutto non a pena di illegittimità.
Si consideri, in primo luogo, che il rilascio della concessione edilizia, ma soprattutto quello della autorizzazione petrolifera implicano l’acquisizione di una serie di pareri endoprocedimentali di altre amministrazioni che sono stati puntualmente richiamati in entrambi i provvedimenti (ASL, C.E.I., Ente Nazionale delle Strade, Vigili del Fuoco, Agenzia delle Dogane, etc…), con ciò dimostrando che la comparazione degli interessi in gioco è stata effettuata sia sotto il profilo edilizio che sotto quello tecnico attinente ai rischi connessi all’impianto di carburanti; in secondo luogo, che il lasso di tempo trascorso tra l’emanazione dell’uno e quella dell’altro provvedimento è stato comunque ragionevole, (27.12.2002 – 4.2.2003), non determinandosi in tal modo uno scollamento tra le valutazioni compiute dall’Amministrazione procedente in relazione ad una mutata considerazione dei diversi elementi sottesi ai due provvedimenti.
4.) Con il quarto motivo, la ricorrente deduce la violazione di legge e gli ulteriori vizi indicati in rubrica con specifico riferimento all’articolo 2 del d.lgs. n. 32 del 1998, in quanto il Comune di Faicchio non ha ancora individuato i “criteri, requisiti e caratteristiche delle aree sulle quali possono essere installati detti impianti”, per cui il rilascio delle autorizzazioni impugnate si sarebbe tradotto in un arbitrio.
4.1.) Il motivo è privo di pregio, in quanto, come già richiamato nella trattazione del motivo n. 2, l’articolo 2 prevede un potere sostitutivo regionale rispetto agli enti comunali che omettano di individuare i criteri, potere che è stato esercitato dalla Regione Campania con la D.G.R. n. 8835 del 30.12.1999. La ricorrente sembra ritenere che il Comune avrebbe dovuto astenersi dal rilasciare l’autorizzazione in assenza dei criteri comunali, ma l’intervento sostitutivo regionale previsto dalla legge statale ha proprio il senso di non bloccare il rilascio delle autorizzazioni; si consideri inoltre, che il comma 2 bis del d.lgs. 11 febbraio 1998 n. 32 prevede che ove le Regioni non facciano uso del loro potere sostitutivo, ferma restando l’autorizzazione per l’installazione di impianti di distribuzione di carburanti, già tacitamente assentita, si considera contestualmente rilasciata anche la concessione edilizia, ove il progetto sia conforme agli strumenti urbanistici vigenti e sia stato asseverato da apposita perizia giurata e su di essa l’organo competente non si pronunciato entro il termine di novanta giorni dalla proposizione della domanda. Il che dimostra che, anche in assenza dell’interevento sostitutivo regionale di cui al comma 2, il legislatore ha previsto che il meccanismo autorizzatorio da un lato e concessorio dall’altro, per quanto concerne la concessione edilizia (rectius permesso di costruire), debba comunque andare avanti, senza che il mancato esercizio dei poteri conferiti agli Enti pubblici territoriali preposti possa provocare un impasse nei due procedimenti connessi.
5.) Con il quinto motivo la ricorrente il fatto che l’Amministrazione comunale abbia omesso di richiedere il parere della Soprintendenza per i Beni culturali e ambientali ai sensi dell’articolo 146 D.lgs. 42/2004 e dell’articolo 20 della legge 241/1990, prima del rilascio dell’autorizzazione.
5.1.) Il motivo è infondato, in quanto il decreto legislativo 42/2004 e l’articolo 20 della legge 7 agosto 1990 n. 241, nella versione modificata dalla legge 11 febbraio 2005 n. 15 e dal D.L. 14.03.2005 n. 35 convertito nella legge 80/2005, non sono applicabili ratione temporis, al caso in parola.
Per quanto concerne il d.lgs. 490/1999, il Sindaco ha espresso con la nota n. 2346 in data 18/04/2002 il parere di conformità ai sensi dell’articolo 151 d.lgs. citato, trasmettendolo alla competente Soprintendenza che nulla ha obietato o osservato nei sessanta giorni successivi.
Inoltre, la Commissione Edilizia Integrata in materia di Beni Ambientali ha espresso il suo parere nella seduta del 17/04/2002 di cui al verbale n. 7 e di tale parere si dà atto nel provvedimento di rilascio della concessione edilizia.
6.) Con il sesto motivo la ricorrente censura la illegittimità della proroga concessa dal Comune per la realizzazione dei lavori rispetto ai tempi, che non sono stati rispettati, già indicati dalla concessione edilizia n. 14/2002, non essendo rinvenibili, nel caso di specie, i presupposti a cui l’art. 15 del D.P.R. 380/2001 subordina la concessione della proroga, ossia i “fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso” ovvero “la mole dell’opera da realizzare o sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive”.
6.1.) Il motivo non ha fondamento posto che a mente dell’art. 15 comma 2 del D.P.R. 380/2001 “Il termine per l’inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale l’opera deve essere completata non può superare i tre anni dall’inizio dei lavori. Entrambi i termini possono essere prorogati, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso. Decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza venga richiesta una proroga. La proroga può essere accordata, con provvedimento motivato, esclusivamente in considerazione della mole dell’opera da realizzare o delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari.” Il disposto normativo prevede pertanto dei presupposti in presenza dei quali può essere accordata la proroga al termine di ultimazione dei lavori, che sembrano essersi verificati nel caso che occupa.
Infatti, la concessione edilizia rilasciata in data 27/12/2002 prevedeva che i lavori dovessero terminare entro tre anni dalla data della medesima; in data 7/12/2005 la società contro interessata, titolare della concessione, chiedeva la proroga del termine stabilito in ragione dei “ritardi per fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso, dovuti al rilascio della autorizzazioni e pareri da parte degli Enti preposti” e “considerata la mole dell’opera da realizzare e delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive”. Tale richiesta appare quindi essere motivata con riferimento a fatti estranei alla volontà della contro interessata e in relazione alla lungaggine dell’iter procedurale che ha accompagnato il rilascio dei due provvedimenti, come si rileva dalla semplice lettura degli stessi, concessione edilizia e autorizzazione all’esercizio della stazione di carburanti, motivazione che appare idonea a sostenere il rilascio della proroga, su cui il Comune si è positivamente determinato dando come termine ultimo il 25/12/2006.
Risulta, effettivamente, dal certificato di ultimazione dei lavori in data 9/11/2006 che i medesimi sono stati ultimati in data 4/11/2206 nel rispetto dei tempi previsti dalla citata proroghe e senza necessità di richiedere ulteriori posticipazioni del termine.
7.) In ordine ai motivi aggiunti di ricorso, essi si appalesano infondati, avuto riguardo al fatto che sono volti ad ampliare il primo motivo di ricorso agli atti e ai provvedimenti depositati in giudizio dal Comune di Faicchio e riguardanti la propria organizzazione interna, con particolare riferimento alla deroga alla divisione di competenze tra organi di indirizzo politico-amministrativo e organi amministrativo-gestionali, organizzazione in ordine alla quale il ricorrente ritiene che essa violi il disposto dell’articolo 53 comma 23 della legge 388/2000.
Si richiama in proposito quanto argomentato nel trattare il primo motivo, in cui sono state esposte le ragioni per cui si ritiene che il Comune resistente abbia legittimamente derogato alla distinzione di competenze tra organi di indirizzo politico-amministrativo e organi amministrativo-gestionali, rientrando il proprio caso nell’ipotesi di Comune con popolazione inferiore ai cinquemila abitanti ed essendo la deroga giustificata in ragione della volontà di operare un contenimento della spesa, come previsto dall’art. 53 comma 23 della legge 23.12.2000 n. 388.
Per le ragioni sopra esposte il Collegio ritiene che il ricorso e i motivi aggiunti siano da respingere.
Ritiene altresì che le spese di giudizio possano essere compensate sussistendone giusti motivi.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania – sede di Napoli – Sezione III rigetta il ricorso (6449/2006) e i motivi aggiunti in epigrafe indicati. Spese di giudizio compensate.
Così deciso in Napoli, nella Camera di Consiglio del 19 giugno 2008. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa. Depositata in Segreteria il 4 novembre 2008.