Il d.lgs. n. 150/2009, novellando la disciplina contenuta nell’art. 19 d.lgs. n. 165/2001, sul conferimento di incarichi dirigenziali, ha posto limiti stringenti in materia agli Enti locali.
E’ stato chiesto alla Corte dei Conti lombarda un parere sull’attuale applicabilità della previsione contenuta nell’art. 110, comma 1, TUEL, che per la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, nei limiti di previsione dello Statuto dell’Ente locale, prescinde da limitazioni numeriche, a differenza del comma 2 (figure apicali al di fuori della dotazione organica).
V’è infatti dubbio che prevalga la nuova disciplina, di cui all’art. 19 d.lgs. n. 165/2001, che richiede per il conferimento di tali incarichi il previo accertamento dell’insussistenza di analoghe professionalità all’interno dell’Amministrazione e detta un limite quantitativo.
I giudici contabili hanno chiarito che “in virtù dell’autonomia organizzativa costituzionalmente riconosciuta agli Enti locali e nell’attuale assenza di un intervento legislativo espresso sul punto, è da ritenere che le disposizioni di cui all’art. 110 TUEL siano vigenti anche dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2009”.
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Corte dei Conti
Sezione regionale di controllo per la Lombardia
Parere n. 280 del 17 marzo 2010
(presidente Mastropasqua, relatore Valero)
(…)
Si richiede se l’entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2009, che ha novellato la disciplina di cui all’art. 19 d.lgs. n. 165/2001, sul conferimento di incarichi dirigenziali, abbia posto limiti più stringenti alla materia de qua anche per gli Enti locali.
In particolare, si chiede se sia ancora applicabile la previsione dell’art. 110, comma 1 TUEL, che per la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, nei limiti di previsione dello Statuto dell’Ente locale, prescinde da limitazioni numeriche, a differenza del comma 2 (figure apicali al di fuori della dotazione organica); oppure se prevalga la nuova disciplina recata dal richiamato art. 19 d.lgs. n. 165/2001, che richiede per il conferimento di tali incarichi il previo accertamento dell’insussistenza di analoghe professionalità all’interno dell’Amministrazione e detta un limite quantitativo.
Inoltre, si chiede se, qualora si ritengano applicabili le limitazioni di cui al ridetto art. 19, le stesse valgano, oltre che per i dirigenti, anche per i dipendenti di categoria D.
In via preliminare
Il primo punto da esaminare concerne la verifica in ordine alla circostanza se la richiesta rientri nell’ambito delle funzioni attribuite alle Sezioni regionali della Corte dei conti dall’art. 7, comma 8, della Legge 6 giugno 2003, n. 131, norma in forza della quale Regioni, Province e Comuni possono chiedere a dette Sezioni pareri in materia di contabilità pubblica nonché ulteriori forme di collaborazione, ai fini della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione amministrativa.
In proposito, questa Sezione ha precisato in più occasioni che la funzione di cui al comma 8, dell’art. 7 della Legge n. 131/2003 si connota come facoltà conferita agli amministratori di Regioni, Comuni e Province di avvalersi di un organo neutrale e professionalmente qualificato per acquisire elementi necessari ad assicurare la legalità della loro attività amministrativa.
I pareri e le altre forme di collaborazione s’inseriscono nei procedimenti amministrativi degli enti territoriali consentendo, nelle tematiche in relazione alle quali la collaborazione viene esercitata, scelte adeguate e ponderate nello svolgimento dei poteri che appartengono agli amministratori pubblici, restando peraltro esclusa qualsiasi forma di cogestione o coamministrazione con l’organo di controllo esterno (per tutte Sez. controllo Lombardia 11 febbraio 2009, n. 36).
Con specifico riferimento all’ambito di legittimazione soggettiva ed oggettiva degli enti in relazione all’attivazione di queste particolari forme di collaborazione, è ormai consolidato l’orientamento che vede, nel caso del Comune, il Sindaco o, nel caso di atti di normazione, il Consiglio comunale quale organo che può proporre la richiesta.
Inoltre, si è ritenuto che la mancata costituzione del Consiglio delle Autonomie Locali della Lombardia (disciplinato con Legge regionale n. 22 del 23 ottobre 2009 ma non ancora costituito) non rappresenti elemento ostativo all’ammissibilità della richiesta, poiché l’art. 7, comma ottavo, della legge n. 131/2003 usa la locuzione “di norma”, non precludendo, quindi, in linea di principio, la richiesta diretta da parte degli enti.
In relazione al profilo oggettivo, limiti vanno stabiliti solo in negativo. In proposito deve essere posto in luce che la nozione di “contabilità pubblica” deve essere intesa nell’ampia accezione che emerge anche dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione in tema di giurisdizione della Corte dei conti ed investe così tutte le ipotesi di spendita di denaro pubblico, oltre che tutte le materie di bilanci pubblici, di procedimenti di entrata e di spesa, di contrattualistica, che tradizionalmente e pacificamente rientrano nella nozione. D’altro canto la norma in discussione non fissa alcun limite alle richieste di altre forme di collaborazione.
In negativo, senza peraltro voler esaurire la casistica, va posta in luce l’inammissibilità di richieste che interferiscano con altre funzioni intestate alla Corte ed in particolare con l’attività giurisdizionale, che si risolvano in scelte gestionali di esclusiva competenza degli amministratori degli enti, che attengano a giudizi in corso, che riguardino attività già svolte, dal momento che i pareri sono propedeutici all’esercizio dei poteri intestati agli amministratori e dirigenti degli enti e non possono essere utilizzati per asseverare o contestare provvedimenti già adottati.
La richiesta di parere in esame risponde ai requisiti indicati sopra e pertanto è da ritenere ammissibile e può essere esaminata nel merito.
Nel merito
Occorre innanzitutto premettere che questa Sezione non può esprimersi in questa sede sulla specifica fattispecie relativa all’organizzazione degli uffici comunali ed ad ai conseguenti conferimenti di incarichi di direzione, analiticamente descritta nella richiesta di parere, implicante una valutazione che attiene ad un’attività gestionale dell’Ente.
In proposito, si richiama il principio per cui le richieste di parere devono avere rilevanza generale e non possono essere funzionali all’adozione di specifici atti gestionali, onde salvaguardare l’autonomia decisionale dell’Amministrazione e la posizione di terzietà e di indipendenza della Corte: è potere-dovere dell’Ente, in quanto rientrante nell’ambito della sua discrezionalità amministrativa, adottare le scelte concrete sulla gestione amministrativo-finanziario-contabile, con le correlative opportune cautele e valutazioni che la sana gestione richiede.
Pertanto, questa Corte può esprimersi unicamente richiamando i principi che vengono in considerazione nella fattispecie prospettata, ai quali gli organi dell’Ente, al fine di assumere le determinazioni di loro competenza, nell’ambito della loro discrezionalità, possono riferirsi.
L’analisi della questione sottoposta alla Sezione dal Comune di Brignano Gera d’Adda deve muovere dalla ricognizione della normativa in materia di conferimento degli incarichi a contratto per la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici negli Enti locali.
L’art. 110 del d.lgs. n.267/2000 (TUEL) disciplina gli incarichi a contratto di tale natura e, nel primo comma, rimette allo statuto dell’Ente (“… lo statuto può prevedere…”) la possibilità di stabilire che i posti di responsabili di servizi o uffici possano essere ricoperti con “qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione” (per gli enti in cui è prevista la dirigenza, è stabilita la possibilità per lo statuto di prevedere che la copertura dei posti previsti in dotazione organica di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico o, eccezionalmente e con deliberazione motivata, di diritto privato, fermi restando i requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire (art.110, comma 1, TUEL).
È specificato, quindi, che le figure apicali delle strutture in cui è articolato l’Ente locale possano avere diversa qualificazione, con naturale riferimento, da un lato, alla dimensione della specifica struttura cui il soggetto è preposto e, d’altro lato, alla dimensione complessiva dell’Ente stesso.
Il comma in discorso non prevede le limitazioni quantitative al ricorso ad incarichi a contratto per ricoprire posti dirigenziali o di alta qualificazione previsti in pianta organica, contenute invece nel secondo comma, che disciplina il conferimento di tali incarichi al di fuori della dotazione organica, secondo quanto previsto dal regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi degli enti in cui è prevista la dirigenza. Negli enti privi di dirigenza, l’ulteriore limite previsto dal comma secondo dell’art.110 TUEL per la stipulazione di contratti a tempo determinato con dirigenti, alte specializzazioni o funzionari dell’area direttiva al di fuori della dotazione organica, è quello dell’assenza di professionalità analoghe presenti all’interno dell’ente. In tal caso il limite quantitativo è il cinque per cento della dotazione organica dell’ente arrotondando il prodotto all’unità superiore, o di una unità negli enti con una dotazione organica inferiore alle venti unità.
Occorre ora accertare se ed entro quali limiti la disciplina suddetta, riferita agli Enti locali, abbia avuto un’implicita modificazione con la disciplina recata dal d.lgs. n.150/2009, che ha novellato il d.lgs. n.165/2001 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”. Sul punto, è bene evidenziare sin d’ora, si ritiene comunque auspicabile un intervento del Legislatore che chiarisca espressamente i limiti di applicabilità della novella in questione alle autonomie locali, evitando che incertezze interpretative possano creare prassi applicative distorte. A tal proposito, valgono i richiami ad un utilizzo meditato e conforme alla buona gestione della possibilità di ricorrere al conferimento di incarichi dirigenziali a contratto a tempo determinato di cui si dirà in seguito.
Nel procedere all’accertamento in parola, prima di affrontare la specifica questione relativa al conferimento di incarichi a contratto, occorre richiamare le finalità e l’ambito di applicazione del decreto n.165/2001, esplicitati nel decreto stesso: il decreto disciplina l’organizzazione degli uffici e i rapporti di lavoro e di impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (fra queste, i Comuni), tenuto conto delle autonomie locali e di quelle delle regioni e delle province autonome, nel rispetto dell’articolo 97, comma primo, della Costituzione, al fine di accrescere l’efficienza delle amministrazioni, di razionalizzare il costo del lavoro pubblico, di contenere la spesa complessiva per il personale, diretta e indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica, e di realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni. Inoltre, le disposizioni del d.lgs. n.165/2001 costituiscono principi fondamentali ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione (art. 1 d.lgs. cit.).
Specularmente, l’art. 88 TUEL, con una disposizione di chiusura del sistema, prevede che all’ordinamento degli uffici e del personale degli enti locali, ivi compresi i dirigenti ed i segretari comunali e provinciali, si applichino le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.29, e s.m.i. (ora d.lgs. n. 165/2001), e le altre disposizioni di legge in materia di organizzazione e lavoro nelle pubbliche amministrazioni, nonché quelle contenute nel TUEL stesso.
Il legislatore ha previsto, in tal modo, un espresso rinvio alla disciplina generale sul pubblico impiego anche per i dipendenti degli Enti locali, che possono trovare ulteriore specificazione in singole disposizioni del TUEL in relazioni alle peculiari caratteristiche delle Amministrazioni locali. Tali disposizioni speciali, in ogni caso, non possono che essere conformi ai principi generali che sovrintendono la disciplina della materia, in primo luogo ai fondamentali canoni di buon andamento e d’imparzialità della Pubblica Amministrazione sanciti dall’art.97 della Costituzione (in tal senso, si veda il parere n.1001/2009 di questa Sezione, in cui è stato messo in luce, con riferimento ai titoli che devono essere posseduti dai destinatari di incarichi dirigenziali esterni negli Enti locali, che la disposizione al riguardo contenuta nel TUEL deve essere interpretata “in combinato disposto con altre norme del medesimo D.lgs. n. 267/2000, che espressamente sanciscono la necessità di un adeguamento dei regolamenti e degli statuti degli Enti locali ai principi generali sulla dirigenza pubblica contenuti nel D. lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (in tal senso gli artt. 88 e 111 del TUEL), oltre che, ovviamente, in primis nella Carta costituzionale”).
Anche per la specifica disciplina della dirigenza degli Enti locali, che viene particolarmente in evidenza nella fattispecie in discorso, il TUEL opera un rinvio alla normativa generale sul pubblico impiego. Si rammenta, infatti, che l’art. 111 TUEL, a chiusura del capo III (dirigenza ed incarichi) del Titolo IV (organizzazione e personale) del Testo Unico, prevede che gli enti locali, tenendo conto delle proprie peculiarità, nell’esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, adeguano lo statuto ed il regolamento ai principi del capo III stesso e del capo II del decreto legislativo del 3 febbraio 1993, n.29, e s.m.i. (ora d. lgs. n.165/2001).
Richiamati i suddetti principi generali, occorre analizzare il contenuto della riforma dell’art. 19 del d.lgs. n. 165/2001 attuata da parte del d.lgs. 150/2009, per comprendere se l’attuale disposto sia applicabile agli Enti locali.
L’originaria formulazione dell’art. 19 cit. consentiva (comma 6) il conferimento di incarichi di funzione dirigenziale con contratto a termine entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia e dell’8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, a tempo determinato.
Nello stesso comma era specificato che “tali incarichi sono conferiti a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l’accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato. Il trattamento economico può essere integrato da una indennità commisurata alla specifica qualificazione professionale, tenendo conto della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Per il periodo di durata dell’incarico, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell’anzianità di servizio”.
L’art. 40, comma 1, lettera e) del d.lgs. n. 150/2009, ha modificato l’articolo 19 comma 6 cit., sostituendo, al terzo periodo, le parole «sono conferiti a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale», con «sono conferiti, fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione». Inoltre, le “concrete esperienze di lavoro maturate” dai soggetti ai quali è conferito l’incarico, devono ora essere almeno quinquennali.
Infine, dopo il comma 6 cit. sono stati inseriti il comma 6-bis, sulle modalità di calcolo della quota di dirigenti a contratto ammissibili (“Fermo restando il contingente complessivo dei dirigenti di prima o seconda fascia il quoziente derivante dall’applicazione delle percentuali previste dai commi 4, 5-bis e 6, è arrotondato all’unita’inferiore, se il primo decimale è inferiore a cinque, o all’unità superiore, se esso è uguale o superiore a cinque”) ed il comma 6-ter (“Il comma 6 ed il comma 6-bis si applicano alle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2.”).
Le modifiche sopra riportate alla disciplina del conferimento di incarichi dirigenziali a contratto, come già accennato, riconducono la normativa sulla dirigenza pubblica ai principi generali di imparzialità e di buon andamento dell’azione amministrativa più volte richiamati dalla giurisprudenza costituzionale, in particolare in occasione di pronunce attinenti il cd. “spoils system” nelle amministrazioni dello Stato (Corte Cost., Sentenza n.103/2007, in cui è affermato, fra l’altro, che il rapporto di ufficio, pur se caratterizzato dalla temporaneità dell’incarico, deve essere connotato da specifiche garanzie, le quali presuppongano che esso sia regolato in modo tale da assicurare la tendenziale continuità dell’azione amministrativa e una chiara distinzione funzionale tra i compiti di indirizzo politico-amministrativo e quelli di gestione; da ultimo, Corte Cost., Sentenza n.34/2010, in cui è affermato che il principio di imparzialità amministrativa è violato quando le funzioni amministrative di esecuzione dell’indirizzo politico non sono affidate a funzionari neutrali, tenuti ad agire al servizio esclusivo della Nazione, ma a soggetti cui si richiede una specifica appartenenza politica, ovvero un rapporto personale di consentaneità con il titolare dell’organo politico).
A conferma di quanto sopra, si richiama il criterio di delega utilizzato dal legislatore, che ha delegato al Governo di ridefinire i criteri di conferimento, mutamento o revoca degli incarichi dirigenziali, adeguando la relativa disciplina ai principi di trasparenza e pubblicità ed ai principi desumibili anche dalla giurisprudenza costituzionale e delle giurisdizioni superiori, e ridefinire, altresì, la disciplina relativa al conferimento degli incarichi ai soggetti estranei alla pubblica amministrazione e ai dirigenti non appartenenti ai ruoli, prevedendo comunque la riduzione delle quote percentuali di dotazione organica entro cui è possibile il conferimento degli incarichi medesimi (art. 6, comma 2, lett h, legge n. 15/09).
Richiamati tali principi, ora espressi dal legislatore nella novella all’art. 19 d.lgs. n.165/2001, per ricercare la soluzione al quesito posto dal Comune di Brignano Gera d’Adda, occorre verificare se la richiamata normativa dettata genericamente per le amministrazioni pubbliche debba applicarsi anche alla dirigenza degli Enti locali.
Sul punto si evidenzia che la disciplina statale suddetta trova necessariamente il proprio limite nell’autonomia statutaria e regolamentare costituzionalmente garantite, in materia, alle autonomie locali.
L’art.117 Cost. intesta la competenza legislativa esclusiva allo Stato in materia di “ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali” (comma 2, lett. g), mentre lo stesso articolo prevede che “i Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite” (comma 5 art. cit.).
La disciplina sul limite del conferimento di una determinata tipologia di incarichi dirigenziali, qual è quella contenuta nell’art.110 TUEL, attiene a quest’ultimo ambito, rientrando specificamente nel potere-dovere di ciascun Comune di provvedere alla propria organizzazione amministrativa, che deve esplicitarsi in una scelta autonoma, in primo luogo nello Statuto e quindi nel pertinente regolamento di organizzazione e della dirigenza.
La normativa in esame, quindi, se attiene alla disciplina del rapporto di lavoro della dirigenza pubblica statale, sulla quale incide la riforma, attiene anche ad un aspetto della disciplina dell’organizzazione delle Amministrazioni che, nel caso delle autonomie locali, è riservato alla sfera dell’autodeterminazione del modello organizzativo più consono alla realtà locale.
Peraltro, la novella non può ritenersi riconducibile ai titoli di legittimazione della potestà legislativa statale contenuti nell’art. 117, secondo e terzo comma, Cost. quali l’«ordinamento civile» o il «coordinamento della finanza pubblica».
Riguardo a quest’ultimo aspetto, si deve rammentare che la giurisprudenza costituzionale ha chiarito che le norme statali che fissano limiti alla spesa delle Regioni e degli enti locali siano da ritenersi principi fondamentali di “coordinamento della finanza pubblica” soltanto se si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della medesima, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente e se non prevedono in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi (sentenze n. 412 e n. 169 del 2007; n. 88 del 2006).
Circostanze, queste ultime, che non ricorrono nella normativa in esame.
È appena il caso di osservare che non può sostenersi che la novella in discorso abbia la finalità di contenimento della spesa pubblica complessiva per la remunerazione delle funzioni dirigenziali, posto che il conferimento di incarichi di dirigente a contratto entro i limiti della dotazione organica (così come consentito, per gli Enti locali, dall’art. 110, primo comma, TUEL) non può avere l’effetto di determinare alcuna maggiore spesa per l’Amministrazione.
Sul punto, gli unici limiti espressamente stabiliti per gli Enti locali sono contenuti nel secondo comma dell’art.110 TUEL, per gli Enti locali di minore dimensione, per i quali, come è già stato messo in luce nel precedente parere di questa Sezione n. 57/2010, il legislatore ha espressamente inteso privilegiare la valorizzazione delle professionalità interne rispetto al ricorso a soggetti esterni, coerentemente con la ratio di ottimizzazione delle risorse pubbliche che caratterizza in generale la normativa in materia di personale dipendente e che, per molti versi, pervade anche la disciplina degli incarichi esterni di natura non subordinata (peraltro, rientra fra le condizioni legittimanti il conferimento d’incarichi individuali nella P.A., di cui all’art.7, comma 6, d.lgs. n. 165/2001, che l’Amministrazione abbia preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno). L’applicazione del comma 6 dell’art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001, come riformulato dall’art.40 del decreto di riforma, comporterebbe, al contrario (con l’estensione del limite delle quote percentuali rispetto alla dotazione organica a tutti gli incarichi dirigenziali a contratto, insieme alla riserva di tali incarichi ai soli soggetti estranei all’Amministrazione conferente) la preclusione al conferimento di incarichi dirigenziali al personale interno non avente qualifica di dirigente.
Quanto al dato testuale del comma 6-bis dell’art.19 d.lgs. n.165/2001, esso si riferisce a “dirigenti di prima o seconda fascia”, richiamando esplicitamente la distinzione in fasce della dirigenza dello Stato, che non è prevista, al contrario, per la dirigenza degli enti locali e depone, pertanto, per l’inapplicabilità dello stesso alla dirigenza degli Enti locali.
Inoltre, occorre ricordare che opera in materia la clausola di specialità di cui all’art 1, comma 4 TUEL che, in ossequio al principio di autonomia degli Enti locali, stabilisce che le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe al testo unico se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni.
Il testo dell’art.110 TUEL non è stato espressamente modificato dal decreto legislativo di riforma (neppure rientra, in tutto o in parte, tra le abrogazioni disposte dall’art.72 del decreto stesso) e l’art.74, comma 2, d.lgs. n. 150/2009 dispone che “gli articoli 3, 4, 5, comma 2, 7, 9, 15, comma 1, 17,comma2,18, 23, commi 1 e 2, 24, commi 1 e2,25,26,27, comma 1, e l’articolo 62, commi 1-bis e 1-ter recano norme di diretta attuazione dell’articolo 97 della Costituzione e costituiscono principi generali dell’ordinamento ai quali si adeguano le regioni e gli enti locali, anche con riferimento agli enti del Servizio sanitario nazionale, negli ambiti di rispettiva competenza”.
Nei limiti dell’autonomia riconosciuta agli Enti locali in materia, questi adegueranno i propri statuti e regolamenti ai suddetti principi, ferma restando l’immediata vigenza delle disposizioni espressamente dichiarate applicabili anche agli Enti locali stessi, esplicitate nell’art. 74, primo comma, del d.lgs. n. 150/2009.
In forza dell’autonomia organizzativa loro riconosciuta dalla Costituzione, i Comuni, nei limiti di cui all’art.110 TUEL, possono disciplinare con le modalità più corrispondenti alla singola realtà locale i propri Uffici e le tipologie di incarichi da conferire ai dirigenti ad essi preposti.
In tal modo potranno conferire incarichi temporanei tenendo comunque presente, da un lato, i limiti imposti dai principi di sana gestione delle risorse pubbliche a disposizione degli enti; d’altro lato, dell’eccezionalità della disposizione di cui all’art. 110 TUEL nel sistema del conferimento d’incarichi dirigenziali.
In proposito questa Sezione, con parere n.8/2008 in materia di stabilizzazioni, ha evidenziato che “la norma contenuta nell’art. 110 più volte citato, che trova corrispondenza nell’art. 19, comma 6, del d.lgs. 165/2001 rivolto alle pubbliche amministrazioni, ha inteso fornire al sindaco uno strumento per affidare incarichi di rilievo sulla base dell’intuitus personae, anche al di fuori di un rapporto di dipendenza stabile e oltre le dotazioni organiche. Tale criterio, risultando estraneo ai principi costituzionali che presiedono al reclutamento del personale pubblico, ha carattere eccezionale e temporaneo: il comma 3 dell’art. 110 limita la durata degli incarichi a contratto a quella del mandato elettivo del sindaco che ha conferito l’incarico, mentre il comma 2 consente una maggiorazione del compenso corrisposto anche in considerazione della temporaneità del rapporto. Negli incarichi dirigenziali a contratto, la temporaneità del rapporto di lavoro è, peraltro, in linea con la temporaneità dell’incarico dirigenziale”.
Analoga attenzione dovrà essere posta alle modalità di conferimento degli incarichi in discorso, che devono prevedere adeguate forme procedimentali idonee a garantire l’oggettività e la trasparenza nella selezione del personale dirigenziale.
In proposito, giova ricordare quanto già evidenziato dal Dipartimento della Funzione pubblica nella direttiva 19 dicembre 2007 n. 10, concernente “Affidamento, mutamento e revoca degli incarichi di direzione di uffici dirigenziali”, ossia che “pur essendo insiti nelle procedure per l’individuazione dei soggetti cui conferire un incarico dirigenziale il carattere della discrezionalità ed un margine più o meno ampio di fiduciarietà, è indispensabile che le amministrazioni assumano la relativa determinazione con una trasparente ed oggettiva valutazione della professionalità e delle caratteristiche attitudinali. (…) La norma impone una valutazione di tipo relativo, che tenga conto delle attitudini e delle capacità professionali del dirigente rispetto alla tipologia di obiettivi prefissati, ossia gli obiettivi che il dirigente sarà tenuto a perseguire in virtù della competenza ordinaria dell’ufficio cui verrà preposto e degli obiettivi di direttiva fissati dal vertice politico. E’ chiaro che la considerazione delle attitudini e capacità professionali non potrà basarsi su valutazioni meramente soggettive, ma dovrà essere ancorata quanto più possibile a circostanze oggettive (…) L’esigenza di operare scelte discrezionali ancorate a parametri quanto più possibili oggettivi e riscontrabili evidenzia l’opportunità’ che le amministrazioni si dotino preventivamente di un sistema di criteri generali per l’affidamento, il mutamento e la revoca degli incarichi. Ciò al fine di consolidare anche in questo settore la trasparenza in modo da favorire la fiducia dei dirigenti nel funzionamento dell’organizzazione e ridurre le possibilità di contenzioso”.
Da ultimo, si rammenti che la valorizzazione della competenza della dirigenza incaricata e l’effettiva necessità organizzativa di ricorrere agli incarichi sono fra i presupposti imprescindibili per non incorrere in comportamenti gestionali censurabili sotto il profilo della responsabilità amministrativa (sul punto, Corte dei conti, Sez. Giur. Lombardia, Sent. 24.3.2009, n.165).
Infine, per quanto concerne il secondo quesito in esame, come sopra richiamato, per quanto riguarda gli incarichi a termine negli Enti locali, è lo stesso art.110 TUEL che estende la disciplina de qua, oltre che alle qualifiche dirigenziali, anche a quelle di alta specializzazione.
Pertanto, le stesse considerazioni svolte in ordine ai conferimenti di incarichi dirigenziali valgono per gli incarichi di alta specializzazione, restando invece escluso il personale di categoria D privo di tale qualificazione.
Conclusivamente, in virtù dell’autonomia organizzativa costituzionalmente riconosciuta agli Enti locali e nell’attuale assenza di un intervento legislativo espresso sul punto, è da ritenere che le disposizioni di cui all’art. 110 TUEL siano vigenti anche dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n.150/2009, che ha recato una significativa riforma delle modalità e dei limiti di conferimento di incarichi dirigenziali a contratto a tempo determinato nelle amministrazioni pubbliche. La normativa in questione è espressamente dichiarata applicabile agli incarichi con qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, restando esclusi i funzionari di categoria D che non rivestano quest’ultima qualificazione.
P.Q.M.
nelle considerazioni esposte è il parere della Sezione.
Depositata in Segreteria il 17 marzo 2010