Il 22 0ttobre 2009 a Roma mentre era in custodia cautelare presso il carcere di Regina Coeli moriva Stefano Cucchi dopo essere stato fermato dai Carabinieri perché visto mentre cedeva della droga in cambio di una banconota.
In primo grado i giudici della prima Corte di Assise di Roma avevano condannato i militari Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro a 12 anni di carcere riconoscendo l’omicidio preterintenzionale come sostenuto dal Pubblico Ministero dott. Musarò concordando sul fatto che ci fu una “azione violenta” da parte dei Carabinieri che fecero “uso distorto dei poteri di coercizione inerenti il loro servizio, violando il dovere di tutelare l’incolumità fisica della persona sottoposta al loro controllo”.
In secondo grado, il 7 maggio 2021, la Corte di Assise di Appello di Roma, accogliendo le richieste del Procuratore Generale dott. Cavallone di escludere le attenuanti generiche dall’accusa, ha modificato la sentenza di primo grado condannando a 13 anni per omicidio preterintenzionale i due militari ritenuti responsabili del pestaggio di Stefano Cucchi, avvenuto all’interno della caserma Casilina, e nello specifico i Carabinieri: Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, 4 anni invece sono stati inflitti al maresciallo Roberto Mandolini all’epoca dei fatti Comandante della Stazione Carabinieri Appia, per aver falsificato il verbale di arresto di Cucchi e sempre per il reato di falso a 2 anni e 6 mesi di carcere è stato condannato Francesco Tedesco che, inizialmente imputato per il pestaggio di Stefano Cucchi, durante il processo di primo grado, denunciò i suoi colleghi diventando un teste chiave dell’accusa.
Francesco Tedesco infatti ammise di aver assistito al pestaggio e raccontato ciò che avvenne la notte del 15 ottobre 2019.
Il 18 ottobre 2021 sono state depositate le 130 motivazioni della sentenza della Corte di Assise di Appello all’interno della quale si legge talaltro che il geometra romano: “se non avesse subito un evento traumatico nella sala adibita a fotosegnalamento della caserma Casilina, non avrebbe sofferto di molteplici e gravi lesioni, con l’instaurarsi di accertate patologie che hanno portato al suo ricovero e da lì a quel progressivo aggravarsi delle sue condizioni che lo hanno condotto alla morte”.
“La vittima è colpita con reiterate azioni ingiustificate e sproporzionate, scrivono i giudici, rispetto al tentativo dell’arrestato di colpire il pubblico ufficiale con un gesto solo figurativo inserito in un contesto di insulti reciproci inizialmente intercorsi dal Carabiniere Di Bernardo e l’arrestato, che, nel dato contesto esprime il semplice rifiuto di sottoporsi al fotosegnalamento”.
Fino alla sera dell’arresto, si legge nelle motivazioni, il geometra stava bene versava in condizioni assolutamente normali e non presentava né manifestava alcun segno di lesioni fisiche.
La vicenda non può dirsi conclusa se non dopo la Cassazione alla quale gli imputati hanno già detto attraverso i loro legali che ricorreranno.