Con la sentenza del 26 settembre 2024 nella causa C‑792/22 la Corte di Giustizia europea ha affermato che alcune norme della direttiva 89/391/CEE sulla sicurezza dei lavoratori ostano all’applicazione di una norma nazionale, come interpretata dalla Corte costituzionale dello Stato membro, che esclude il contraddittorio nel processo penale su un infortunio sul lavoro dopo che si è pronunciato sull’episodio il giudice amministrativo.
La decisione è del tutto condivisibile nella sostanza perché garantisce il contraddittorio ai parenti della vittima sul lavoro.
Però diventa problematica nella misura in cui afferma la prevalenza della normativa eurounitaria su quella costituzionalmente conforme dello Stato membro.
Per quanto riguarda l’ordinamento statale italiano, il rapporto generale tra norma statale e eurounitaria è stato fissato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 170/1984 nel seguente schema.
Il contrasto tra la prima e la seconda non dà luogo all’illegittimità costituzionale della norma statale (per violazione dell’art. 11) ma alla disapplicazione perché la materia è regolata dalla norma eurounitaria.
La crisi di tale relazione può derivare nell’ipotesi che la norma eurounitaria si ponga in contrasto non tanto con la norma statale avente forza di legge quanto con una norma costituzionale.
Tale crisi sarebbe giuridica ma anche politica perché coinvolgerebbe i limiti della sovranità statale e anche il primato “dell’Europa” che viene riconosciuto senza eccezioni e in modo scontato nel discorso pubblico.
In verità la Corte Costituzionale si è ritenuta “competente a verificare, attraverso il controllo di costituzionalità della l. 14 ottobre 1957 n. 1203, di esecuzione del trattato CEE, se una qualsiasi norma del trattato, così come essa è interpretata ed applicata dalle istituzioni comunitarie, non venga in contrasto con i principi fondamentali del nostro ordinamento o non attenti ai diritti inalienabili della persona umana” (21/4/1989 n. 232).
In materia di diritti fondamentali, e in ossequio al primato della Costituzione nel nostro ordinamento il Consiglio di Stato ha ritenuto che: “L’incidenza – sulla norma interna confliggente con il diritto comunitario – di un giudicato costituzionale additivo, che abbia modificato la norma stessa in funzione della tutela di un diritto fondamentale, preclude al giudice interno la possibilità di prospettare alla Corte del Lussemburgo un quesito pregiudiziale: la tutela dei diritti fondamentali, riservata alla Corte costituzionale, agisce infatti quale ‘controlimite’ alle limitazioni di sovranità consentite dall’art. 11 cost., ed esclude la possibilità per il giudice di fare ricorso agli strumenti comunitari di risoluzione dei conflitti normativi” (sez. IV, 8/8/2005, n. 4207).
In questo caso, insomma, la disapplicazione funziona in senso inverso.
Mi domando se la valorizzazione dei principi costituzionali, perseguita con maggiore convinzione, possa condurre alla rimessa in discussione della supremazia riconosciuta in modo generalizzato e direi acritico alla normativa eurounitaria.
Appunto applicando in via prioritaria la costituzione nazionale, qualche anno fa la Corte Costituzionale tedesca ha dichiarato il contrasto con essa della misura finanziaria del cosiddetto quantitative easing cioè dell’acquisto di titoli di Stato nazionali da parte della Banca centrale europea.
Due commenti giuridici a quella decisione si trovano qui:
Nel caso italiano, ad esempio, si potrebbe dubitare della conformità all’art. 81 della Costituzione della normativa eurounitaria che ha attribuito alla Commissione il potere di fissare rigidissimi obiettivi di bilancio agli Stati membri, e poi di irrogare sanzioni finanziarie o commissariamenti dei governi qualora gli obiettivi non siano stati raggiunti.
Tale normativa ha sostanzialmente esautorato il Parlamento dall’esercizio del controllo sul bilancio statale, che storicamente è stata la funzione più qualificante di tale organo – la prima rivendicata rispetto ai sovrani assoluti.
Nella misura in cui si ritenesse un principio fondamentale la competenza del Parlamento sul bilancio statale, si determinerebbe un’aporia, da risolvere quindi con la disapplicazione in senso “inverso”.