Segnaliamo la sentenza n. 3124/2024 del T.A.R. Lombardia – Sezione Prima in materia di accesso documentale agli atti di una procedura ad evidenza pubblica.
In particolare, un’azienda risultata non aggiudicataria ha proposto istanza di accesso ai sensi degli artt. 22 L. 241/1990 e 35, co. 5, d.lgs. 36/2023 per poi, successivamente, impugnare sia il provvedimento di aggiudicazione sia gli atti di gara, contestando l’insussistenza in capo all’aggiudicataria dei requisiti generali di partecipazione e l’anomalia dell’offerta.
La stazione appaltante ha evaso l’istanza di accesso solo parzialmente mediante una nota che è stata impugnata dalla ricorrente ex art. 116, co.2, c.p.a. “nella parte in cui non hanno disposto l’accesso ad una parte della documentazione richiesta”.
Nel gravame relativo all’accesso documentale, la ricorrente ha sottolineato la correlazione tra documento e tutela della propria posizione giudica fatta valere in giudizio.
Dal canto suo, l’azienda controinteressata ha contestato la tardività e l’infondatezza nel merito dell’istanza di accesso.
In particolare, con specifico riguardo alla fondatezza della richiesta, l’azienda aggiudicataria ha rilevato che l’accesso riguarderebbe dati personali rispetto ai quali, peraltro, la richiedente non avrebbe dato prova dell’interesse sotteso alla loro acquisizione.
Il T.A.R. ha accolto il ricorso ex art. 116, co. 2, c.p.a.
Innanzitutto, il Collegio ha ricordato che la domanda di accesso proposta in pendenza di un giudizio cui è connessa ha natura di “accesso difensivo”, giacché l’ostensione dei documenti oggetto dell’istanza è strumentale alla tutela della posizione giuridica fatta valere in giudizio.
Tuttavia, ha ricordato il T.A.R., tale strumentalità è da intendersi in senso ampio “in quanto la valutazione che deve essere effettuata dal giudice non è soltanto volta a verificare la possibile rilevanza del documento per la definizione del giudizio, ma può servire anche per risolvere in via stragiudiziale la controversia, per proporre una nuova impugnazione ovvero ancora una diversa domanda di tutela innanzi ad altra autorità giudiziaria.”
Una volta accertata la sussistenza della predetta “strumentalità in senso ampio” tra domanda di accesso e tutela della propria posizione giuridica, il Collegio è passato a verificare la correttezza della condotta della stazione appaltante nel vagliare l’istanza di accesso.
Il diritto di accesso, infatti, è suscettibile di essere contemperato con l’esigenza di tutela di dei dati personali eventualmente contenuti nei documenti di cui è richiesta l’ostensione.
In particolare, bisogna distinguere tra dati sensibili, giudiziari e super sensibili.
Per le prime due tipologie di dati ove sia avanzata richiesta di accesso dovrà sussistere il requisito della stretta indispensabilità tra documento e tutela.
Per l’ultima categoria di dati, invece, deve riscontrarsi il criterio dell’indispensabilità e della parità di rango tra gli interessi contrapposti, ossia tra tutela giurisdizionale in senso lato e tutela della riservatezza.
Nel caso di specie, tuttavia, i dati contenuti all’interno dei documenti oggetto della domanda di accesso non appartenevano a nessuna delle categorie poc’anzi elencate, trattandosi di “dati personali generici idonei ad identificare il soggetto interessato”
Il T.A.R., dunque, ha rilevato che “l’acquisizione dei dati personali generici consente alla ricorrente di meglio difendere la propria posizione in quanto, una volta acquisiti tali dati, potrebbero essere svolte ulteriori approfondimenti in ordine ai requisiti di capacità morale sui soggetti della compagine societaria dell’aggiudicataria, approfondimenti che possono essere condotti soltanto ove in possesso dei dati idonei ad individuare gli interessati.” e per questo motivo ha stabilito che la stazione appaltante fosse tenuta all’ostensione integrale dei documenti richiesti dalla ricorrente.