Pantouflage: le linee guida Anac

Il 25 settembre 2024 sono state adottate da ANAC le Linee Guida in materia di divieto di pantouflage (letteralmente: “porte girevoli”, dal settore pubblico a quello privato).
Consiste nel divieto, per i dipendenti pubblici, già investiti di poteri autoritativi o negoziali, di instaurare, nei successivi tre anni dalla cessazione del rapporto di impiego pubblico, nuovi rapporti di lavoro subordinato o di assumere incarichi presso soggetti privati, comunque destinatari dell’attività dell’amministrazione di origine.
Si tratta di una misura anti-corruzione, che intende impedire ai funzionari pubblici, in virtù della posizione apicale rivestita all’interno di un’amministrazione, di ottenere un vantaggio, in termini di possibilità occupazionali future, proprio per effetto dei rapporti intrattenuti con soggetti privati.

La previsione è contenuta all’interno del testo unico sul pubblico impiego, all’articolo 53, comma 16 ter, del d.lgs. 165/2001, secondo cui “i dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni… non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione…”.

La norma prevede altresì che “i contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti”.

Dunque, tre conseguenze:
-nullità del nuovo contratto di lavoro;
-divieto triennale per il nuovo datore di lavoro privato di contrarre con le Pubbliche Aministrazioni;
-obbligo di restituzione dei compensi percepiti in violazione del divieto di contrarre.

ANAC, con delibera del 25 settembre 2024, ha adottato due atti in materia:

a) un regolamento ( qui il link) sull’esercizio della funzione di vigilanza e sanzionatoria sul pantouflage da parte di ANAC;
b) le linee guida n. 1 (qui il link) alle pubbliche amministrazioni, sul divieto di pantouflage.

Per quanto riguarda, in particolare, le linee guida, sono così indicizzate:
PREMESSA
1. Il pantouflage e le finalità delle Linee Guida
2. Quadro normativo di riferimento
3. Ambito soggettivo di applicazione
3.1 A quali pubbliche amministrazioni/enti si applica il divieto di pantouflage
3.1.1 Pubbliche amministrazioni ed enti in provenienza
3.1.2. A quali dipendenti pubblici si applica il divieto di pantouflage
3.2. Enti privati in destinazione
4. Ambito oggettivo di applicazione
4.1. I poteri autoritativi e negoziali
4.2. Nozione di attività lavorativa o professionale presso soggetti privati in destinazione
4.2.1. Applicabilità del divieto di pantouflage alle attività professionali svolte sia a titolo oneroso che gratuito
4.3. Il periodo di raffreddamento
PARTE SECONDA – PROFILI SANZIONATORI
1. Nullità dei contratti conclusi e degli incarichi conferiti in violazione del divieto
2. Obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati
3. Il divieto di contrattare con le pubbliche amministrazioni
3.1. Estensione soggettiva del divieto di contrattare
3.2. Estensione oggettiva del divieto di contrattare
3.3. Dies a quo del divieto di contrattare
3.4. Potere delle Stazioni Appaltanti di escludere gli operatori economici
3.5. L’elemento soggettivo dell’illecito
3.6. Graduazione della sanzione
4. Computo del periodo triennale di raffreddamento
5. Improcedibilità delle segnalazioni e norma transitoria previste dal Regolamento

Con riguardo all’ambito soggettivo di applicazione, ANAC chiarisce che il divieto riguarda i dipendenti delle pubbliche amministrazioni elencate all’articolo 1, comma 2, d.lgs. 165/2001 (testo unico sul pubblico impiego), degli enti pubblici economici e degli enti di diritto privato in controllo pubblico .

I poteri autoritativi o negoziali possono riguardare, ad esempio, la conclusione di contratti per la p.a. di appartenenza ovvero l’emanazione di provvedimenti autorizzativi o concessori.

In particolare, l’Autorità ha specificato che occorre valutare tre profili:

1. la tipologia di potere esercitato dal dipendente;
2. il ruolo effettivamente ricoperto dal soggetto;
3. l’incidenza del soggetto sul contenuto dell’atto/provvedimento finale.
Anac ha altresì chiarito che occorre “attribuire rilievo a tutte quelle situazioni in cui il potere autoritativo e negoziale viene esercitato per conto dell’amministrazione nei tre anni precedenti alla cessazione dal servizio in modo concreto ed effettivo cioè, in maniera non astratta e formalistica ma sostanziale, tale da incidere su una determinata situazione giuridica.”
Viene considerato irrilevante ai fini del “pantouflage”, l’esercizio di poteri autoritativi e negoziali mediante l’adozione di atti e provvedimenti di carattere generale, cioè destinati a una pluralità indistinta di soggetti.
Son invece inclusi gli atti ispettivi, perché idonei a incidere sulla posizione giuridica soggettiva dei destinatari del procedimento istruttorio e del conseguente provvedimento finale.
L’articolo 53, co. 16 ter, D.lgs. 165/2001 individua l’oggetto del divieto nelle “attività professionali” ovvero negli “incarichi” assunti presso soggetti privati.

E’ da ritenersi attività professionale, tanto il rapporto di lavoro subordinato quanto gli incarichi di vertice presso società o aziende private. Ciò che rileva è che si tratti di occupazione stabile e continuativa, la sola che possa configurare violazione concreta del divieto di pantouflage.

Sul punto, ANAC, con precedente delibera n. 537 del 2019, aveva escluso l’applicabilità del divieto di pantouflage, ritenendo, ad esempio, che il conferimento di incarico di collaborazione in comitati scientifici o in consiglio direttivo di un’associazione rivestisse il carattere di attività di collaborazione occasionale, non essendo connotato da un’attività stabile e organizzata, neanche sotto il profilo dell’impegno economico, né tantomeno subordinata. La natura occasionale è dunque caratterizzata dall’episodicità e dall’assenza di una modalità organizzativa della prestazione resa.

E’ utile osservare che l’art. 53, co. 16-ter del d.lgs. 165/2001, poiché tra le sanzioni prevede la “restituzione dei compensi eventualmente percepiti”, sembra con ciò implicitamente includere, nel divieto, anche gli incarichi gratuiti.
Chi è il destinatario dell’obbligo di rimborso?
In passato, si è dibattuto su chi fosse effettivamente tenuto a effettuare il rimborso e chi dovesse esserne destinatario. In particolare, tre le tesi a confronto:
1. il soggetto obbligato alla restituzione è l’ex dipendente pubblico e destinatario della restituzione è l’ente in destinazione che lo ha assunto e ha erogato, quindi, i compensi (restituzione derivante dalla nullità ex tunc del contratto di lavoro);
2. il soggetto obbligato alla restituzione è colui che ha effettivamente concluso il contratto/conferito l’incarico per conto dell’ente in destinazione (es. Amministratore delegato, Direttore generale, legale rappresentante, etc.) e destinatario della restituzione è “il soggetto che ha erogato i compensi”, ossia l’ente stesso (in altri termini, chi ha sottoscritto il contratto con l’ex dipendente pubblico dovrebbe restituire alle casse dell’ente, secondo tale tesi, l’equivalente dei compensi percepiti dall’ex dipendente pubblico; quest’ultimo, però, non sarebbe in alcun modo coinvolto);
3. i compensi da restituire sarebbero quelli relativi agli eventuali contratti di appalto conclusi tra il soggetto privato e l’amministrazione, in relazione ai quali possa aver svolto un ruolo l’ex dipendente pubblico.
L’Autorità ha ritenuto che la terza tesi (quella che ci pare più aderente al dettato normativo) fosse insostenibile, sposando invece la prima.
Rispetto alla sanzione del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, ANAC chiarisce che trova applicazione agli operatori economici che hanno assunto l’ex dipendente pubblico e riguarda i soli rapporti contrattuali con l’Amministrazione di provenienza (ambito soggettivo del divieto).
Quanto alla tipologia di contratti rientranti nel divieto (ambito oggettivo), secondo l’Autorità riguarda tutte le forme di contrattazione relative alle prestazioni commerciali dell’operatore economico colpito dal divieto, fatta eccezione per i contratti destinati a far ottenere all’O.E., destinatario del divieto a contrarre, l’erogazione di prestazioni di pubblico servizio da parte della P.A.

Negli appalti pubblici, poiché l’interdizione alla stipula di contratti riguarda la sola amministrazione di provenienza, qualora una diversa Stazione appaltante in corso di gara ritenga che un operatore economico abbia assunto un ex dipendente di altra S.A. – e dunque abbia violato il divieto di pantouflage – la stessa sarà solo tenuta a trasmettere la segnalazione all’ANAC.

Secondo ANAC, nel caso in cui essa abbia già accertato in capo a un operatore economico la violazione del divieto triennale di contrarre, la S.A. potrebbe escluderlo, ai sensi dell’art. 94, co. 5, lett. a) che per dichiarazione non veritiera.

Si tratta della previsione secondo cui deve essere escluso dalla gara “a) l’operatore economico destinatario della sanzione interdittiva… o di altra sanzione che comporta il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione…”. La sanzione, tuttavia, può concernere solo la P.A. procedente, titolare del precedente rapporto di lavoro violato dal pantouflage, e non tutte le altre, nei cui confronti non opera alcun divieto di contrarre.

Sempre secondo ANAC, qualora non vi sia un precedente accertamento dell’Autorità, la Stazione Appaltante, sulla base delle informazioni in suo possesso, potrà accertare la violazione del divieto ed escludere l’impresa ai sensi dell’art. 98, co. 3, lett. b).

Si tratta della esclusione facoltativa dalla gara, per illecito professionale derivante da “b) condotta dell’operatore economico che abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a proprio vantaggio oppure che abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione”. Anche in questo caso, si ritiene tuttavia che la vicenda assuma rilievo sono nei confronti della PA nei cui confronti operi il divieto di contrarre, rimanendo invece priva di rilievo nei confronti delle altre P.A.

Redazione

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