Il codice degli appalti, d.lgs. 36/2023, si appresta ad essere modificato a mezzo di un correttivo che proprio in questi giorni è stato sottoposto al parere del Consiglio di Stato.
Il testo in analisi è stato espressamente previsto all’interno della L. 78/2022 (contenente la delega ad adottare un nuovo Codice appalti) ha abilitato il Governo ad apportare, entro il biennio successivo dalla entrata in vigore del d.lgs. 36/2023, “con la stessa procedura … le correzioni e le integrazioni che la pratica [avesse reso] necessarie ed opportune”.
Il riferimento alla “medesima procedura” lascia intendere che, nell’adozione del correttivo, il Governo avrebbe dovuto seguire il medesimo iter previsto per l’adozione del d.lgs. 36/2023, ossia:
– l’affidamento al Consiglio di Stato, in sede consultiva, del compito di elaborare uno schema normativo;
– una proposta congiunta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili;
– un’articolazione istruttoria rimessa al concerto da parte dei “Ministri competenti”;
– la (previa) acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
Il Consiglio di Stato, in funzione consultiva, ha invece rilevato il difetto di una reale attività istruttoria, svolta congiuntamente dai Ministeri aventi competenza in materia, giacché “tutti i concerti resi risultano espressi in forma secca ed inarticolata, a guisa di mero ed anodino nulla osta alla iniziativa normativa”.
Nel disegno della legge delega, invero, l’apporto di ciascun ministero competente era finalizzato a garantire che il processo legislativo coinvolgesse tutti gli svariati interessi che vengono in rilievo in materia di appalti.
Inoltre, a differenza di quanto accaduto per l’adozione del d.lgs. 36/2023, il Governo ha deciso di non esercitare la facoltà prevista dall’articolo 14 del regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, ed espressamente conferita, con integrazioni prescrittive, dalla legge delega – di affidare al Consiglio di Stato, in sede consultiva, l’elaborazione dello schema normativo.
Sul punto, il Consiglio di Stato ha sottolineato la circostanza che la legge delega, laddove abilita il governo ad adottare modifiche e integrazioni, prescrive l’adozione della “stessa procedura”; sebbene quest’ultima espressione si presti, potenzialmente, a diverse letture, ragioni di coerenza logico-pratica avrebbero portato a ritenere che il legislatore delegato avrebbe dovuto ricalcare l’iter già seguito in precedenza, dunque affidando in via preliminare nuovamente al Consiglio di Stato la redazione della prima bozza di correttivo.
Le scelte procedurali adottate dal Governo sollevano dunque – secondo il Consiglio di Stato – dubbi di legittimità costituzionale del nuovo decreto legislativo, in termini di eccesso di delega.
Accanto allo schema di decreto legislativo, il competente ufficio della Presidenza del Consiglio ha sottoposto al Consiglio di Stato l’analisi di impatto della regolamentazione.
Si tratta di una relazione che dovrebbe illustrare il contesto in cui interverrà la modifica, le ragioni alla base delle modifiche introdotte e gli effetti attesi a seguito dell’entrata in vigore del decreto correttivo.
Tuttavia, il Collegio ha osservato che “l’analisi di impatto risulta, per profili significativi e qualificanti, inadeguata: essa si risolve di fatto in un’articolata e perifrastica enunciazione in termini formali e giuridici dell’oggetto e delle modalità di intervento, correttivo ed integrativo, sulle disposizioni del Codice”.
A titolo esemplificativo, il Consiglio di Stato ha rilevato che l’AIR manca di analizzare la (annunciata) agevolazione prevista per l’ingresso nel mercato di medie e piccole imprese mediante l’incremento dei processi di digitalizzazione, sebbene proprio, al momento, proprio questi processi rappresentino una grande sfida e, al contempo, un ostacolo per questa tipologia di realtà imprenditoriali.
Infine, il Consiglio ha lamentato la mancata allegazione delle interlocuzioni intervenute tra Governo e Commissione europea, le quali sarebbero potute essere di rilievo nella lettura complessiva delle ragioni alla base delle scelte operate in sede di decreto correttivo.