Cosa aspettarci dal futuro digitale

Continuerà la disputa tra favorevoli e contrari all’intelligenza artificiale, con, a grande linee, il mondo scientifico/tecnologico/industriale a favore, quello umanistico/artistico/religioso contrario, e il mondo del diritto in mezzo

Fa più rumore un albero che cade di un’intera foresta che cresce. E’ una frase attribuita a Lao Tzu VI filosofo cinese del VI secolo a.C.
Nell’innovazione tecnologica questo non accade.
Un prodotto digitale che nasce viene strombazzato all’istante in tutto il mondo, discusso, elogiato, criticato (poco), l’importante è che se ne parli.
Deve immediatamente produrre schiere di entusiasti e detrattori, apocalittici ed integrati.
Un prodotto digitale che muore, invece, deve essere taciuto.
La sua dipartita verso il cimitero delle cose inutili è notizia da lasciare solo agli addetti del settore.

Esempio da manuale, i Google Glass, presentati nel 2015, negli anni successivi non hanno molto successo, sette anni dopo, nel 2022, Amit Sood ancora sosteneva: “erano davvero molto avanti, ora stiamo iniziando a vedere innovazione che riguarda un po’ tutti i sensi e non si sa mai, magari la stessa tecnologia potrebbe tornare in una forma diversa. Perché penso che l’idea sia ancora molto potente”. E’ bastato questo a far scrivere che “i Google Glass sono tornati, a quanto pare. Perché i tempi, e le tecnologie, evidentemente sono maturi. Perché i consumatori che usavano wearable (negli Usa) erano 25 milioni nel 2014 e sono più di 67 milioni oggi [2022]: quasi il triplo. E perché le aziende sono a caccia di dispositivi sempre più innovativi, in grado di operare “in background”. È la tecnologia più potente: quella al servizio dell’uomo ma che non si vede.”
Diciamo che questo articolo di giornale non è che sia stato molto profetico, visto che appena un anno dopo Google ha messo definitivamente fine al progetto dei Google Glass.
Meta non è diversa da Alphabet, ha creduto così tanto nel Metaverso da cambiare persino il nome della società, da Facebook a Meta. Altro fallimento mostruoso.
Quanto a prodotti che, eufemisticamente, non hanno trovato il gusto del pubblico, non scherza nemmeno Microsoft.
Su questo sito si sono presi la briga di elencare tutti i servizi e i prodotti di Microsoft dismessi, accorpati e/o mai decollati.
Una persona di buon senso potrebbe meravigliarsi del fatto che queste aziende, dopo così tanti fallimenti, siano, non solo ancora in piedi, ma al vertice della piramide del capitalismo mondiale.
Il motivo è semplice. Sono letteralmente seduti su una montagna di soldi, di liquidità. Finché il loro “core business” tira si possono permettere di azzeccare solo un’idea su cento.
Prendiamo Meta, il 2023, dopo il 2021, è stato un altro anno da record (leggi qui), un risultato operativo di quasi 47 miliardi di dollari, su un fatturato di “appena” 135 miliardi. In pratica, non hanno costi, la voce “Spese del Personale” è addirittura a zero, tutto (compresi stipendi) confluisce nella voce “Ricerca e Sviluppo” (38 mld) e “Spese Amministrative” (24 mld).
Capite bene che con questa liquidità è possibile immettere sul mercato qualsiasi cosa, fare lobbying ovunque, pagare sanzioni a destra e a manca.
L’intelligenza artificiale potrebbe essere l’ultimo “gadget”, quello che, pur in perdita economica (perdita settoriale che, come abbiamo visto sopra, le BigTech si possono ampiamente permettere), sta riscuotendo maggiore successo. Non sappiamo quanto e se durerà. Non faccio previsioni perché è facile sbagliare, sia nell’uno che nell’altro senso. All’epoca avevo profetizzato la fine entro pochi anni, sia di “Second Life” che di Facebook, nel primo caso c’ho azzeccato, nel secondo no.

Cosa ci aspetta nei prossimi anni?
Tante, tantissime applicazioni che utilizzeranno sistemi LLM (large language model), la maggior parte delle quali sarà ad uso interno di aziende medio/grandi ed enti pubblici. Questi soggetti hanno acquistato, da NVIDIA, talmente tante GPU che, per giustificarne il costo, qualcosa dovranno pur mettere in circolo. A dispetto di ciò che pensano i loro manager, dubito fortemente che l’aumento smisurato di software AI addicted si tradurrà automaticamente in un aumento di produttività e calo dei costi.
Dal lato pubblico non ci aspetta niente di diverso da quanto è avvenuto in questi ultimi due anni. Ovvero una “disputa” tra favorevoli e contrari al tema dell’intelligenza artificiale, diciamo, a grande linee, il mondo scientifico/tecnologico/industriale a favore, quello umanistico/artistico/religioso contrario, e il mondo del diritto in mezzo.
Alle BigTech, ovviamente, va bene anche che di AI se ne parli male, perché, come diceva Oscar Wilde: “Non importa che se ne parli bene o male l’importante è che se ne parli“.

Buon anno!

 

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Informatico di lungo corso, esperto di sistemi e tecnologie di rete. Presenza attiva su Internet già dalla seconda metà degli anni Novanta. Fautore dell'open data e dell'informatica consapevole. Fortemente critico della centralizzazione della Rete avvenuta a partire dal secondo decennio di questo millennio, auspica un ritorno alla decentralizzazione e alla democratizzazione di Internet.