La revocazione nel processo amministrativo è regolata dall’art. 106 del c.p.a., che a sua volta rinvia alla disciplina degli artt. 395 e 396 del c.p.c.
In particolare, il quarto comma dell’art. 395 del Codice di procedura civile tratta la revocazione di una sentenza per errore di fatto. Tale tipologia di errore si configura “se la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa, […] quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare”.
La giurisprudenza amministrativa ha sviluppato una serie di criteri suppletivi che consentono di applicare la norma in questione, senza incorrere in pronunzie di inammissibilità. In particolare, è necessario che:
1. la contestazione proposta dal ricorrente non deve riguardare sull’attività di valutazione del giudice. Ciò in quanto tale tipo di censura “riguarderebbe un profilo diverso dall’erronea percezione del contenuto dell’atto processuale, in cui si sostanzia l’errore di fatto; di conseguenza, il vizio revocatorio non può mai riguardare il contenuto concettuale delle tesi difensive delle parti, come esposte negli atti di causa, perché le argomentazioni giuridiche non costituiscono “fatti” ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c. e perché un tale errore si configura necessariamente non come errore percettivo, bensì come errore di giudizio, investendo per sua natura l’attività valutativa ed interpretativa del giudice (così, da ultimo, Cons. Stato, IV, 22 dicembre 2022, n. 11448)”. L’errore di fatto è, dunque, definibile come un “abbaglio dei sensi”, che cade su un punto decisivo, ma non espressamente controverso della causa, per effetto del quale si determina un contrasto tra due diverse proiezioni dello stesso oggetto, l’una emergente dalla sentenza e l’altra risultante dagli atti e documenti di causa;
2. l’errore di fatto revocatorio deve presentare i caratteri della evidenza e della obiettività “sì da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche; non consistere in un vizio di assunzione del fatto, né in un errore nella scelta del criterio di valutazione del fatto medesimo” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 1771 del 2023; id., sez. II, n 10130 del 2022), e non deve in alcun modo coinvolgere l’attività valutativa del giudice, divenendo altrimenti un errore di giudizio, dovendosi evitare che l’azione revocatoria si tramuti in un ulteriore grado di giudizio (ex multis, C.g.a.r.s., sez. giuris., n. 354 del 2023; Cons. Stato, sez. IV, n. 10712 del 2022; id., sez. II, n. 10490 del 2022);
3. l’errore di fatto non deve concernere un “punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare” (cfr. da ultimo C.g.a.r.s., sez. giur., n. 338 del 2023).
Da questi tre requisiti di ammissibilità fissati dal Consiglio di Stato, nonché dai corollari che ne discendono, i giudici ricavano la fondatezza dei ricorsi per revocazione.
Tra i suddetti corollari spicca il principio di diritto secondo cui “non costituisce motivo di revocazione per omessa pronuncia il fatto che il giudice, nell’esaminare la domanda di parte, non si sia espressamente pronunciato su tutte le argomentazioni poste dalla medesima parte a sostegno delle proprie conclusioni” (ex multis C.g.a.r.s., n. 414/2024). Ciò in quanto, si legge, il giudice non ha l’onere di pronunciarsi su ogni argomentazione o elemento di prova presentato dalle parti.
I requisiti di ammissibilità finora esposti sono particolarmente stringenti. Tant’è che il numero di ricorsi per revocazione accolti. Basti pensare che nel 2024 il Consiglio di Stato ha accolto in totale solo10 ricorsi per revocazione su 209. Il C.g.a.r.s. ha accolto, invece, solo 2 ricorsi per revocazione su 21.
I restanti ricorsi sono stati giudicati inammissibili, ad eccezione di un esiguo numero di ricorsi che si sono conclusi con pronunce di improcedibilità, estinzione o sopravvenuta carenza di interesse (meno di una decina in totale). La statistica degli accoglimenti nel 2024 è, dunque, del 10% circa per il C.g.a.r.s. e di meno del 5% per il Consiglio di Stato. E più del 90% dei ricorsi esaminati riguardavano proprio revocazione per errore di fatto.
Il ricorso per revocazione per errore di fatto costituisce dunque, nel sistema processuale amministrativo, ipotesi del tutto eccezionale e di scarsissimo impatto, sia dal punto di vista dei principi che, soprattutto, alla luce della loro applicazione pratica.