La sostituzione della commissione esaminatrice: quando va fatta

Il Consiglio di Stato distingue i casi di sostituzione necessaria da quella facoltativa e chiarisce la differenza tra gare d’appalto e altre procedure concorsuali/selettive

Segnaliamo la sentenza n. 9424/2024 del Consiglio di Stato, VII sez, in materia di sostituzione della commissione esaminatrice in una procedura abilitativa.

La giurisprudenza, negli anni, ha risolto diversamente la questione circa l’esistenza in capo all’amministrazione del potere discrezionale di sostituzione della Commissione esaminatrice a seguito dell’annullamento giurisdizionale degli atti di gara.

In particolare, due sono gli orientamenti in campo.

Secondo un primo indirizzo esegetico, il diritto positivo non contemplerebbe “salve disposizioni speciali, la regola per cui la rinnovazione dell’attività debba essere compiuta da altro collegio, salvo che il vizio non riguardi proprio la composizione della Commissione. Non è dunque evincibile nell’ordinamento un principio generale per cui, a seguito dell’annullamento giurisdizionale di atti si debba procedere, per ciò solo, al mutamento del titolare dell’organo che li abbia adottati al fine della loro rinnovazione” (Consiglio di Stato, sez. V, 4 novembre 2019, n. 7495).

Secondo questo orientamento, la garanzia della correttezza e imparzialità dell’operato della Commissione sarebbe garantito dal ruolo di pubblici ufficiali assunto dai commissari, i quali sono tenuti ad operare nel rispetto dei principi dell’ordinamento e sono responsabili di eventuali danni arrecati al candidato o all’Amministrazione per la quale operano.
Inoltre, questa impostazione troverebbe fondamento normativo all’interno del codice appalti, laddove si esclude che, in caso di annullamento degli atti di gara, venga riconvocata la stessa Commissione a meno che sia stato rilevato in sede giurisdizionale un vizio relativo alla sua composizione.

Per un secondo orientamento, invece, a seguito dell’annullamento degli atti di gara, dovrebbe essere riconosciuto all’amministrazione il potere discrezionale di sostituire la Commissione, con la precisazione, tuttavia, che “non ogni errore procedimentale comporta la necessità di rinnovare la commissione, in quanto tale scelta costituisce, piuttosto, una sorta di «extrema ratio», alla quale ricorrere solo in caso di dimostrata necessità, anche in termini di rispetto del principio di non aggravamento del procedimento” (Consiglio di Stato, sez. VI, 5 aprile 2019, n. 2238).
Questo indirizzo sottolinea l’esistenza di un potere discrezionale in capo alla P.A. di rinnovare la composizione della Commissione quando, a prescindere delle specifiche censure in sede giurisdizionale, vi sia qualche dubbio sulla correttezza e trasparenza del suo operato.

Nella vicenda sottoposta al Consiglio di Stato, l’appellante si doleva della mancata sostituzione della Commissione in fase di riedizione della procedura di abilitazione.

Il Collegio, dopo aver richiamato gli orientamenti di cui sopra, ha richiamato un suo precedente in cui ha affermato che “nel caso in cui il giudicato richieda il rinnovo di una procedura concorsuale, è di regola preferibile che la commissione sia riconvocata in diversa composizione, tutte le volte in cui il vizio ravvisato dal giudicato attenga proprio alle operazioni di giudizio della commissione stessa” (Consiglio di Stato, sez. VI, 5 luglio 2017, n. 3307).

A sostegno dell’esistenza di un potere discrezionale nella scelta se modificare o meno la composizione della commissione, il Collegio ha altresì richiamato proprio la regola prevista all’interno sia del vecchio che del nuovo Codice appalti (art. 77, comma 11, d.lgs. 50/2016; art. 98 d.lgs. 36/2023) che, in effetti, esclude la possibilità di rinnovare la Commissione in caso di annullamento degli atti di gara (fatto salvo il caso in cui esso sia derivato proprio da un vizio nella composizione della commissione).
In particolare, il fatto che il legislatore abbia espressamente previsto un divieto di rinnovo per la specifica materia degli appalti, secondo il Consiglio di Stato, sarebbe indicativo della generica ammissibilità della sostituzione da parte dell’Amministrazione in fase di riedizione del potere.

Nel caso concreto, tuttavia, il giudice di prime cure nell’annullare gli atti di gara, disponendo il rifacimento della procedura abilitativa, non aveva rilevato alcun vizio attinente alla composizione della Commissione.
Per questo motivo, il Consiglio di Stato ha affermato che “la valutazione circa la nomina o meno di una nuova commissione, non risultando oggetto di statuizione nella sentenza, né trovando ragione di imporsi alla luce della tipologia del vizio dedotto in gravame, secondo il principio sopra richiamato era rimessa – in assenza di un comando legislativo in materia – alla predetta autonoma ponderazione di opportunità dell’amministrazione interessata, sindacabile solo in presenza di vizi di irragionevolezza, abnormità, travisamento dei fatti.”

Il Collegio, dunque, non ha accolto le doglianze dell’appellante, ritenendo peraltro che “trattandosi nella specie di una procedura abilitativa e non competitiva, a maggior ragione, in seguito al provvedimento giurisdizionale che ha riguardato gli atti della procedura concorsuale, la scelta in ordine alla sostituzione necessaria, o meno, della commissione di concorso in seguito all’annullamento giurisdizionale dei suoi atti non si fonda sull’applicazione necessaria di un preciso comando legislativo, ma comporta la valutazione discrezionale delle circostanze che hanno portato alla rinnovazione della prova.”.

Redazione

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