L’intelligenza artificiale (AI), sta entrando a pieno titolo tra gli strumenti che chiunque di noi utilizza per lavorare. Anche l’avvocato, sapendolo o meno, ne fa uso, soprattutto mentre esegue compiti di analisi dei problemi, ricerca delle fonti o nella stesura di testi. L’uso è spesso inconsapevole perché i principali algoritmi di ricerca fanno già ampio uso di strumenti di intelligenza artificiale, ma in commercio stanno arrivando numerosi tool pensati espressamente per gli avvocati.
L’uso di intelligenza artificiale per gli avvocati
Tutte queste forme di utilizzo hanno già mostrato numerosi limiti che ne consigliano per ora un uso accorto e diretto strettamente dalla competenza umana.
Per loro natura, tuttavia, sono strumenti che apprendono e la loro velocissima evoluzione li porterà ad un perfezionamento tale da renderli imprescindibili anche nell’attività quotidiana dell’avvocato, in tempi che saranno sorprendentemente brevi.
I sistemi di intelligenza artificiale che in astratto si rivelano particolarmente utili alla professione forense sono:
- AI predittiva, per l’analisi dei rischi connessi alle questioni legali e la previsione degli esiti, la loro potenza di calcolo è tale da ridurre enormemente il tempo dedicato a queste attività;
- AI per la ricerca giuridica e documentale, utilissimi ma dipendono totalmente dalla qualità dei dati reperibili o forniti;
- AI generativa per la stesura di documenti, fenomenali per velocità e logica, non possono ancora prescindere da vuoti e errori nella ricerca, ma aiutano a schematizzare gli argomenti e a redigere velocemente anche i testi più complessi.
Si tratta di strumenti che in mano a un avvocato che li conosca e li utilizzi consapevolmente sono molto potenti, ma presentano limiti ancora significativi che li collocano lontano dall’infallibilità.
I principali limiti degli strumenti di AI
Le tecnologie predittive, ad esempio, possono analizzare enormi quantità di dati per prevedere esiti legali e migliorare l’efficienza nella preparazione dei casi. Sono particolarmente utili nei sistemi di Common Law perché la ricerca dei precedenti giurisprudenziali ha un impatto estremamente più significativo che nei sistemi di Civil Law e di quello italiano in particolare.
La mancanza di contestualizzazione è il loro limite più evidente e può indurre a interpretare erroneamente i dati e portare a conclusioni fuorvianti.
Gli assistenti di ricerca AI mancano, come gli altri, di comprensione contestuale. Possono analizzare dati e testi, ma non afferrare le sfumature legali o i contesti specifici di un caso.
Se non trovano casi analoghi o male interpretano le richieste possono addirittura inventare precedenti di sana pianta.
Usati senza controllo umano portano a risultati inadeguati e fuorvianti, come ha dimostrato il recente caso concluso con l’ordinanza del 14/3/2025 del Tribunale di Firenze.
Anche gli strumenti generativi sono in grado di redigere bozze di documenti legali in tempi ridicoli e con un grado di precisione piuttosto alto, ma difettano di comprensione contestuale e si basano sugli stessi risultati delle ricerche, quindi potenzialmente errati o non aggiornati.
Se le fonti a cui attingono sono incomplete o obsolete, anche le risposte generate saranno imprecise.
È quindi cruciale per gli avvocati apprendere a utilizzare queste tecnologie in modo critico, sfruttando i loro vantaggi mentre si è consapevoli delle loro imperfezioni.
Il Disegno di legge sull’Intelligenza artificiale all’esame del Parlamento
Il DDL sull’Intelligenza Artificiale che contiene principi e deleghe governative, è approdato in prima lettura alla Camera dopo aver superato il vaglio del Senato.
La norma si occupa espressamente di «princìpi in materia di ricerca, sperimentazione, sviluppo, adozione e applicazione di sistemi e di modelli di intelligenza artificiale», per promuoverne l’utilizzo corretto e responsabile oltre che per coglierne le intrinseche opportunità.
Naturalmente il DDL è espressamente riferito all’interpretazione e applicazione a quello che per tutti è oramai l’AI ACT dell’Unione Europea (regolamento UE 2024/1689), entrato in vigore lo scorso 1 agosto.
Glossario e principi sono quindi direttamente collegati alla cornice antropocentrica fornita dall’AI Act. Per questo il legislatore concentra l’attenzione sulla garanzia di tutela dei dati e informazioni personali e sulla cybersicurezza, come precondizioni per l’utilizzo di sistemi di AI e ragioni per l’adozione di specifici controlli di sicurezza nel loro utilizzo.
Oltre a disciplinare l’utilizzo dei sistemi di intelligenza artificiale nel mondo sanitario e della pubblica amministrazione, il DDL si sofferma sull’utilizzo da parte dei professionisti intellettuali e nell’ambito dell’attività giudiziaria.
In quest’ultimo ambito sostanzialmente si consente la sperimentazione dell’AI per l’organizzazione e semplificazione del lavoro giudiziario e per le attività accessorie, lasciando al magistrato ogni decisione sull’utilizzo dell’AI per l’interpretazione o l’applicazione della legge, sulla valutazione dei fatti e delle prove e sull’adozione dei provvedimenti.
L’intelligenza artificiale e il suo uso nell’attività professionale
Ai liberi professionisti intellettuali invece, l’articolo 13 del DDL chiede espressamente di limitarsi alle attività strumentali e di supporto all’attività professionale e di conservare la prevalenza del lavoro intellettuale nell’esercizio della professione.
Oltre a questo, il DDL pone un vero e proprio obbligo, in capo al professionista, di comunicare con la massima chiarezza al proprio cliente se intende utilizzare sistemi di AI nella esecuzione del mandato ricevuto.
Cominciare a preoccuparsi di questa comunicazione, della sua forma e del suo contenuto anche prima che la legge entri in vigore è una buona idea, anche perché doveri di trasparenza, competenza e correttezza nella informazione sono già previsti dal Codice deontologico forense,
Si può cominciare integrando il testo di mandati e lettere di incarico con le informazioni necessarie a far comprendere al cliente che tipo di utilizzo lo studio intenda fare dei sistemi di AI e chiarire innanzitutto:
- se si utilizzeranno sistemi di ricerca, generativi o assistenti predittivi;
- quali siano questi sistemi e se siano sviluppati autonomamente dallo studio o forniti da terze parti;
- che saranno rispettate confidenzialità e privacy dei dati del cliente sulle informazioni personali e sensibili fornite allo studio e con quale misure;
- che ogni utilizzo del sistema di intelligenza artificiale da parte dello studio legale è sempre sottoposto a verifica, supervisione e controllo umano.
In questo modo sarà possibile rispettare la prevalenza della prestazione intellettuale sugli automatismi dell’intelligenza artificiale richiesta dalla norma (e dal buon senso), e certamente mantenere una comunicazione corretta tra avvocato e cliente.
Il DDL peraltro coinvolge gli Ordini professionali nella tenuta di corsi di formazione sull’intelligenza artificiale, per consentire la formazione di una cultura su questi strumenti che presto diventeranno abituali anche nell’esercizio della professione forense.